Credere nell'impossibile
Il Genio, il Guru, il Santo Padre degli oggetti più amati, della tecnologia che ha reso più liberi. Per altri una specie di Genio del Male, l'astuto manipolatore di mercato, il monopolista che subdolamente ha ammaliato i mercati mondiali, schiavizzando le masse nel legame con la dipendenza dai suoi prodotti (altri dicono circa le stesse cose di Bill Gates, consoliamoci). Steve Jobs è morto da solo due anni e già arriva sugli schermi una rispettosa biografia. Con una struttura tradizionale, partendo dalla presentazione dell'iPod del 2001, la narrazione ripercorre la vita di Jobs dai tempi dell'Università in poi, ragazzo adottato che non conosceva i suoi genitori biologici, con la sua caratteristica di girare scalzo (e complessivamente poca igiene, come già si diceva in I pirati di Silicon Valley ma riguardo a Bill Gates, vuoi dire che genio e cattivi odori vanno a braccetto?).
Good Habits Die Hard
E per fortuna le sue sane abitudini l'anziano sceriffo Owens non le ha perse. Dopo anni a "serve and protect" i cittadini nell'anti-droga di Los Angeles, si è ritirato ad accudire l'esigua e pacifica popolazione di Summerton, sonnacchioso paesino vicino al confine messicano. Si troverà a essere lui The Last Stand, l'ultima barriera da superare per un efferatissimo super-boss della droga, in fuga verso il natio Messico dopo una spettacolare evasione. Vanamente si affanna per riprenderselo il solito agente dell'FBI, che dovrà capitolare ammettendo la superiorità dell'ex cop. Sull'onda del gradimento per i due Expendables, Arnold Schwarzenegger torna da protagonista con un film diretto da Jee-won Kim, già responsabile dell'esagerato Il buono, il matto, il cattivo e di A Bittersweet Life, con una sceneggiatura scritta però dallo sconosciuto Andrew Knauer.
Rock the Casbah
Anche il più vorace e spietato alieno dovrebbe dare una controllatina al territorio prima di atterrare. Se infatti gli capitasse la zona periferica di South London, potrebbe trovarsi in seri guai. Una notte sull'area, socialmente difficile, piovono alieni come fossero polpette. Sono masse pelose, vagamente scimmiesche (un po' Critters incrociato con Barbabarba), senza lineamenti ma dotate di una formidabile dentatura da carnivoro, verde fluorescente. E pensano solo ad aggredire e sbranare. Ma sul loro percorso di distruzione incontrano una gang di baby-teppisti locali, piccoli delinquenti scafatissimi (il film si dovrebbe vedere proprio in originale per godersi le varie" parlate", in cockney o da "nigga", il doppiaggio italiano "smarmella" tutto), che opporranno un'ostinata resistenza, coinvolti pur se terrorizzati in un'esaltante contesa stile videogame, che dalle strade si sposterà all'interno del fatiscente condominio dove vivono.
Nel candido gelo di una Los Alamos invernale, si incrociano due destini, due diverse emarginazioni, due differenti solitudini. Owen ha 12 anni, è un ragazzo introverso e solitario, dall’aspetto delicato, a scuola vittima predestinata del solito bulletto e dei suoi vili seguaci. Subisce i soprusi quotidiani senza comunicare con nessun adulto, incapace di trovare un punto di contatto anche con la madre, alle prese con un doloroso divorzio. Rimugina però impossibili reazioni violente, che non avrà mai il coraggio di portare a compimento. Nel suo isolamento fa il suo ingresso una figura misteriosa che accende la sua fantasia, Abby, una strana ragazzina che si trasferisce nell'appartamento accanto insieme ad un uomo adulto. Cominciano ad incontrarsi ma solo di notte. Lei è sicura di sè, sembra maliconica ma curiosa del mondo, non mangia e non beve, non ha mai freddo, ha uno strano odore. È amore a prima vista. Quando Owen scopre che Abby è un vampiro, che ha sì 12 anni anche lei, ma da tanto, tanto tempo, accetta questa rivelazione. Finalmente entrambi non sono più soli. Intanto la cittadina è scossa da una serie di delitti e di fatti inspiegabili, che mettono in crisi un poliziotto che si ostina a indagare. Arriva il momento in cui Abby, rimasta senza nessuno che la accudisca, comprende che dovrà lasciare il paese. Ma si rende conto che lascerà Owen in balia dei suoi simili, quegli “umani” per niente migliori di lei, che uccide solo per cibarsi come gli animali, mentre l'uomo esercita la violenza fine a se stessa. Potranno due creature tanto diverse trovare un punto di incontro? E a quale destino saranno entrambi condannati, nel passare del tempo?
Da una conferenza stampa di Giovanni Veronesi ci si aspetta sempre tuoni e fulmini (soprattutto se ad accompagnarlo c’è il vulcanico produttore Aurelio De Laurentiis). Invece, in occasione dell’incontro organizzato per la promozione di Genitori e figli – Agitare bene prima dell’uso, si respirava un’atmosfera ovattata, placida, senza i guizzi ironici tipici di un toscanaccio verace come Veronesi.
Allo stesso tempo, però, è anche difficile immaginarne una più divertente! Soprattutto se i personaggi da loro interpretati nel film di Giovanni Veronesi, Luisa e Gianni Amadesi da poco separati, hanno nel litigio furibondo (e, proprio per questo, esilarante) il loro passatempo preferito, dopo una separazione con corredo di amanti (Max Tortora per la Littizzetto ed Elena Sofia Ricci per Orlando).
I due sono intervenuti alla conferenza stampa di presentazione del film che, a differenza (almeno apparentemente…) delle pellicole precedenti del regista toscano, presenta una minor quantità di spunti puramente comici per affrontare una riflessione sull’Italia dei nostri tempi attraverso il pretesto del rapporto, da sempre conflittuale, tra i genitori e, appunto, i loro figli.
Razzismo, ignoranza dilagante, sogni frivoli e illusori offerti da show di successo (il Grande Fratello è l’obiettivo scelto dalla pellicola) occupano, quindi, un posto privilegiato nella storia diretta da Veronesi, come ci hanno spiegato i due protagonisti.
Ci risiamo. Per il ventiseiesimo anno De Laurentiis sforna il solito cinepanettone, capitanato dall'immancabile mattatore Christian De Sica e diretto dall'inossidabile Neri Parenti. La storia ruota intorno a due terzetti, uno quello romano formato da Sabrina Ferilli (sempre brava e sorprendente nei tempi comici e nella forza autoironica), Massimo Ghini e, appunto, il De Sica mandrillone, che anche alla vigilia dei sessant'anni continua ad interpretare il solito ruolo del mascalzone/cornificatore di turno, quello che fugge dalle fidanzate gravide e si rifugia in zitelle vecchie e stra-ricche. Ma un giorno incontrerà la sua ex all'aeroporto (Ferilli) e, con una serie di trucchetti, la convincerà a farsi mantenere per qualche giorno. Suo figlio è quell'Emanuele Propizio ormai abbonato alle commedie ridanciane (vedi anche la prova con Verdone), qui abbinato a una Michela Quattrociocche che non si discosta granché dal personaggio interpretato per Moccia.