La banalità del Male
Primi anni ’80, la dittatura argentina è agli sgoccioli. L’arzilla Famiglia Puccio (nome vero, è storia, raccontata anche nella serie tv argentina Historia de un clan) da anni campa alla grande grazie alle connivenze del capofamiglia Arquimedes con il sistema. Ma non sono più i bei tempi andati e gli appoggi cominciano a mancare.
Occhio nel cielo, occhio di dio
Se dall’alto dei cieli non ci osserva più l’occhio di dio ma un drone, vuol dire che questi sono i nostri tempi, queste sono le guerre di oggi (il terrorismo ha mutato molti equilibri) e le conseguenti regole di ingaggio sono molto mutate. Ma la morale, almeno per gli occidentali, almeno a vedere la storia narrata, è antiquata e necessiterebbe di aggiornamenti pure lei, anche perché gli scrupoli morali qui sono determinati soprattutto dalle conseguenze sull’opinione pubblica, tema più sensibile oggi data l’invasività dei Social Media.
È sempre colpa di Scrat
Alla faccia delle annose, infinite polemiche fra evoluzionisti e creazionisti, apprendiamo finalmente cosa ha determinato la disposizione del sistema solare, all’interno del vasto Universo. Se Dio gioca a dadi, Scrat con i pianeti ci gioca a biliardo. Lo scoiattolo più ciecamente solipsista della storia degli scoiattoli e non solo, è sempre e unicamente mirato al possesso della sua mitica Ghianda, che perennemente gli sfugge, sottratta da eventi che riducono Scrat in mille forme, nel nome dell’immortalità dei personaggi dei cartoni animati, che possono risorgere anche dopo essere passati al tritacarne.
La minaccia che incalza
In questi tempi di grandi incertezze universali, tanto per gradire torna il tema della natura selvaggia e ostile, dell’animale selvatico nemico, che oppone la sua forza bruta all’intelligenza dell’umano, al quale nella sua minore forza fisica non resta che sopperire con la furbizia, la determinazione, il coraggio. Qual è il rappresentante del regno animale che ci fa più paura? Sorvolando su topi o insetti, sulla terraferma nessuno vorrebbe trovarsi davanti un leone o una tigre, personalmente siamo spaventati dagli orsi.
E per tetto un cielo di stelle
Passando per Netflix, diventa finalmente visibile Slow West, film del 2015, etichettato come western, mentre è molte altre cose e molto di più. Far West, Wild Wild West, C’era una volta…. ora Slow West: quante storie ha ispirato quel mitizzato “oltre” verso cui si indirizzavano gli emigranti europei che si spingevano sempre più ad Ovest in cerca di quella terra promessa dove vivere finalmente senza oppressioni e soprusi, che doveva, doveva per forza esistere, per compensarli di tanti sacrifici e sofferenze.
C’è una casa nel bosco….
Fino dai primi minuti, dalla cura nella composizione formale delle inquadrature, dalla fotografia, dalle musiche, si avverte che The Witch non sarà il solito horror di demoniache presenze, di possessioni ed esorcismi, di processi e di roghi. Siamo nel 1630 nel New England, i primi pellegrini sono già sbarcati in cerca del mitizzato “mondo migliore”, convinti di riuscire a renderlo migliore anche con la loro fede, provenendo da un’Europa dove carestie, guerre e soprusi rendevano la vita un inferno in terra.
Credere nei Draghi Verdi
Con il suo solito stile, squisitamente sentimentale, la Walt Disney Pictures, “ditta” sempre attenta ai sentimenti tanto quanto Steven Spielberg, torna a raccontarci la storia del drago invisibile Elliott e del suo amico, il bambino Pete. Scordatevi completamente il film del 1977, in “piatta” animazione e live action, che raccontava con l’ausilio di molte canzoncine una storia completamente diversa. Qui la sceneggiatura dello stesso regista David Lowery, di estrazione artistica indie (Senza santi in Paradiso), al suo primo lavoro per una major, scritta insieme a Toby Halbrooks, della storia originale riprende solo il tema del drago che riesce a rendersi invisibile grazie alle sue capacità mimetiche, ma l’avventura è ben diversa. Il piccolo Pete, 5 anni, resta drammaticamente orfano, sperduto in una buia foresta minacciosa. In suo soccorso compare l’enorme drago, verde e peloso che, intenerito e forse anche lui stanco della solitudine, lo adotta. Pete cresce libero e selvaggio con il miglior amico che si possa avere, finché nella foresta non arriva la solita Company a rastrellare più legname possibile. Pete si fa vedere da una ragazzina e, forzosamente “adottato”, si ritrova a vivere con gli umani. Ma Elliott non può lasciarlo andare e Pete non può abbandonare il suo più grande amico. La piccola comunità però non può accettare la presenza di un vero drago, mitica creatura di cui parlano tante leggende, senza che nessuno ne abbia mai visto uno. E si sa che quando l’essere umano si attrezza per fare del male, ha i mezzi per riuscirci. Il drago invisibile è un bel film, fiabesco e avventuroso, che emoziona il piccino facendo sorridere teneramente l’adulto, dal cuore non troppo indurito. Perché ci sarà sempre un Drago verde e peloso (o un alieno piccolo e rugoso o un popolo di giganti azzurri, o qualunque altra magica e simbolica creatura che la nostra fantasia possa produrre) da salvare dalla ottusa brutalità dell’essere umano, che invece vuole sempre nuove foreste da desertificare e alberi secolari da abbattere e creature sconosciute da studiare, da strumentalizzare. Che vuole insomma tutto dominare e catalogare. Dovremo salvarlo e farlo volare via libero, quel drago, perché insieme a lui si salverà la nostra capacità di emozionarci, di entusiasmarci, di credere insomma in qualcosa che trascende le nostre capacità. Come le foreste anche le nostre anime dovrebbero avere una zona selvaggia, intatta e intoccabile, dove lasciar crescere le meraviglie che la ragione non permette, dove credere in ciò che non si può vedere. Il film è in live action e CG affidata alla mitica Weta e non c’è altro da aggiungere. Elliott essendo peloso, somiglia a tratti a un enorme, affettuoso San Bernardo che si esprime con vocalizzi stile Chewbecca, ben diverso da ogni drago visto in questi anni (ricordiamo Dragonheart, Eragon, Il regno del fuoco, Game of Thrones e lo Smaug dello Hobbit). Agli umani sono affidati personaggi elementari ma piacevoli, specie il vecchio, sgarduffato Robert Redford, che è il nonno che tutti i bambini si meriterebbero, padre di Bryce Dallas Howard, che con un papà così non poteva che finire a fare la guardia forestale. Il tenerissimo piccino Pete, che da grande è il “Ragazzo selvaggio” Oakes Fegley, è interpretato meravigliosamente da Levi Alexander, tenero frugolo sperduto nel minaccioso bosco di mille favole nere, mentre il radiatore di una macchina distrutta emette sbuffi di vapore, autorizzando una toccante lettura metaforica di tutta la bella fiaba. Anche se il film è ambientato nel verdissimo Nord-Ovest americano, è stato girano nelle stupende, impenetrabili foreste della Nuova Zelanda, alberi fittissimi alti come cattedrali. Bella colonna sonora di Daniel Hart, che enfatizza le emozioni. Infarcito di tanti riferimenti da fare la felicità di ogni spettatore provvisto di un bagaglio medio di cinema fantastico e anche no, il film sfiora/ cita/ ricorda Il libro della giungla e Tarzan, La storia infinita e Avatar, un po’ King Kong, inevitabilmente lo Spielberg di E. T. e anche un tocco di Incontri ravvicinati (e pure Sugarland Express), per cui ci sentiamo di annoverare Il Drago invisibile fra i film che faranno “effetto nostalgia” come Super 8 o la nuova serie tv Stranger Things.
Eroi per niente
Mai stanchi di personaggi estremi, bizzarri, fuori dall’ordinario, abbiamo atteso con impazienza la Squadra che le infinite anticipazioni, centellinate da mesi sul web dall’astuto (ma autolesionista) marketing, ci avevano reso assai attraente. A Gotham è rimasto solo Batman, l’Uomo Volante se ne è andato, i mostri per le strade aumentano. Per tenere loro testa non resta che reclutare il peggio del peggio, a formare un Team di vigilanti (la Task Force X).
Lasciamoci odiare
Ci sembra giusto segnalare l’uscita su DVD CGHV di Pecore in erba, film italiano dell’anno scorso, passato quasi ignorato in sala, perché tratta con grande spirito un argomento che sta acquistando, purtroppo, sempre più evidenza. In nome infatti della famosa massima, erroneamente attribuita a Voltaire (“non sono d’accordo con quello che dici ma darei la vita perché tu possa farlo”), siamo costretti ad ascoltare incredibili bestialità, affermazioni che ledono buon senso o principi del vivere civile, falsi storici, insulti e offese di ogni genere.
Come un carillon nel sedere
Le due sorelle Ellis, Maura (Poehler) e Kate (Fey), sono due patetiche ragazze di provincia, ormai troppo cresciute, single dopo varie disavventure, fallite nel lavoro, ben decise a non ammettere la minima sconfitta e a mostrare al mondo solo una facciata da vincenti.