Mai toccarsi con le punte!
Forse alla sua uscita su grande schermo Sausage Party è stato penalizzato dal divieto ai minori di 14 anni (assolutamente giustificato), che ha lasciato perplesso il pubblico più generalista. Quello più attento avrebbe ben capito perché, notando fra gli autori Seth Rogen, Evan Goldberg e Jonah Hill, tutta gente dal noto spirito goliardico accentuato da qualche esibito eccesso “fumoso”, che in precedenza hanno mostrato di sapersi fare buon gioco di molti luoghi comuni, dentro e fuori dallo schermo.
La rabbia non paga
Di tutti gli argomenti espulsi dalla nostra attuale cultura, la Morte è sovrana. Morire non piace a nessuno. Veder morire chi amiamo peggio. Visto però che succede, bene sarebbe imparare a convivere con questa tappa inevitabile della vita. Come avveniva un tempo. Oggi al contrario è un pensiero rimosso, che lascia ancora più vulnerabili quanti ne siano sfiorati, colpiti. Chi muore infatti se ne va, chi resta deve fare i conti e non ne è capace.
Mai toccarsi con le punte!
Ogni giorno è un buon giorno in un grande centro commerciale. Al mattino gli scaffali si animano, mentre cibi di ogni genere, freschi e inscatolati, intonano felici canzoncine che inneggiano al consumo. Perché quando avranno l’onore di essere scelti dal cliente, dall’umano che loro giustamente equiparano a una figura divina, varcheranno finalmente le porte del negozio ed entreranno nel Grande Oltre, terra promessa di felicità assoluta dove dare e ricevere amore eterno.
"Quell'immenso mistero volò"
In fondo cosa si vuole dalla vita: solo essere amati. Riggan (Michael Keaton), ex attore divenuto celeberrimo per aver interpretato in tre film un supereroe chiamato Birdman, ormai in declino, cerca il rilancio mettendo in scena a Broadway un dramma di Raymond Carver, Di cosa parliamo quando parliamo d'amore. I problemi sembrano i soliti, difficoltà di finanziamento, egocentrismo e rivalità fra attori, preoccupazioni per le critiche.
Non sapremo dove vanno le anatre
Un uomo, uno scrittore, il suo mistero. Affidata all'eternità da un solo libro, Il giovane Holden, Jerome David Salinger con la sua fuga dalla società, con il suo isolamento, è stato capace di attirare un'attenzione come nemmeno astute e costose campagne di marketing avrebbero potuto. Salinger è morto da soli quattro anni ma era scomparso da almeno cinquanta, in un volontario esilio nella cittadina di Cornish (New Hampshire) iniziato nel 1953, accentuato negli anni '80.
C'era una volta....e ormai non c'è più
Scrivendo del penultimo film di Wes Anderson, Moonrise Kingdom, avevamo espresso una certa stanchezza nei confronti dell'ennesimo prodotto "tanto carino" di questo regista sempre uguale a se stesso, con il rischio, in caso di mancati futuri sviluppi, di un avvitamento sterile e manieristico. Ritiriamo tutto. Perché Grand Budapest Hotel è il meglio di quanto fatto negli ultimi anni da Anderson, una summa certo di tutti i suoi vezzi ma sfrondata dai troppo ricorrenti temi.
Fuga verso la realtà
Ci sono autori che fanno sempre lo stesso film, per la gioia di chi li apprezza, nell'antipatia dei detrattori che dopo il primo film già si sono stufati. Più obiettivamente si può dire che certi personaggi fanno i loro film intorno alle medesime tematiche, qualche volta riusciti, qualche volta un po' meno. Uno di loro è Wes Anderson, responsabile di deliziose commedie agrodolci come Rushmore, I Tenenbaum, Le avventure acquatiche di Steve Zissou, ma anche prodotti più di maniera come Il treno per Darjeeling e Fantastic Fox (e mai giudizio fu più soggettivo). In Moonrise Kingdom, con tutti i suoi consueti vezzi (amati, appunto, o detestati) scrive (insieme a Roman Coppola) e dirige una storiellina infarcita dei suoi soliti personaggi eccentrici, spesso sentimentalmente afasici, capaci di comunicare solo trasversalmente, gentilmente disadattati, più folli gli adulti dei piccini, che ancora (forse) faranno in tempo a cambiare.
Non era solo
E così finalmente sapremo come mai Jason Bourne sembrava indistruttibile. In Bourne Legacy, quarto capitolo della saga, da cui oculatamente si è sfilato Matt Damon, il protagonista è l'agente Aaron Cross, affidato a Jeremy Renner. Cross è sopravvissuto casualmente a un repulisti preventivo messo in atto dal glaciale Colonnello Byer (Edward Norton), che scopriremo essere stato dietro le quinte delle tre precedenti avventure di Jason Bourne. Byer è infatti a capo del National Research Assay Group (NRAG), un'agenzia segreta, che controlla Outcome, un programma di spionaggio segretissimo, che comprende il famigerato Treadstone, su cui Bourne indagava (meglio avere presente i tre precedenti capitoli, anche se di complotti di questo genere è pieno il cinema d'azione). Bourne Legacy parte da una scena che cita quella conclusiva di Bourne Ultimatum, per poi però cambiare completamente rotta.
The Bourne Legacy è uno dei film d'azione più attesi dell'anno, soprattutto dai fan della saga. In questo nuovo trailer sembra di capire come, più che un reboot, il film sia un sequel. Recentemente, il regista Tony Gilroy ha dichiarato come il film sia decisamente diverso dai precedenti capitoli, pur mantenendo una salda connessione narrativa.
La campagna di marketing di Moonrise Kingdom ha appena fatto approdare online 4, divertentissime, nuove featurette dedicate ai personaggi principali del film: Bruce Willis, Bill Murray, Edward Norton e lo stesso regista Wes Anderson. Presentate dalla tagliente ironia di Bob Balaban (anche lui nel cast), le clip fanno il verso alle news ruffiane e "didattiche" degli anni 50 e 60...enjoy!