Il mondo di oggi va così. Neppure è uscito un film che già si pensa al seguito. Neppure hai visto un film, che già nei negozi puoi godere della versione videogame. Neppure è famoso un film, che... è già famoso!
La città invisibile è il titolo provissorio del film diretto da Giuseppe Tandoi e dedicato alle persone che sono state colpite dal terremoto che ha distrutto la città de L'Aquila.
Tuttavia, l'opera di Garrone risulta essere molto diversa, soprattutto per quello che concerne il fine del racconto, da quella di Saviano.
Nel suo viaggio al centro del cinema, Francesco Alò continua ad analizzare film che hanno segnato epoche e modalità di fare e soprattutto vivere il cinema. Al di là dello spessore artistico dell’opera, nel suo ciclo di lezioni di cinema all’università Nuct, Un film, una storia ne analizza anche l’impatto fuori dalla settima arte. E così, fuori dallo stile accademico, si lega anche a fonti diverse da quelle strettamente critiche. E comincia col citare un articolo del 17 febbraio 2000 pubblicato su Repubblica.it, The Blair Witch Project, appena uscito nelle sale italiane, viene definito “la prima, vera tecnobufala perfettamente riuscita”.
Penultima lezione di Francesco Alò, penultima tappa del suo ciclo di lezioni alla Nuct, Un film, una storia, che non poteva non trascurare un’opera che ha segnato un’epoca come Terminator. A modo suo, attraverso splendidi aneddoti, Alò ci racconta il mondo di Cameron. Ed inizia proprio dalla fine ricordandoci la celebre frase: "I'm the king of the world!!!!!!"
Tralasciando la bontà delle scelte che spesso hanno determinato l'assegnazione della statuetta d'oro, il premio Oscar è e rimane senza dubbio il riconoscimento più ambito da qualunque regista, soprattutto da chi è cresciuto artisticamente ad Hollywood. Per Spielberg, così come per Scorsese che lo vinse solo nel 2006 per The Departed, questo premio era ormai un cruccio che lo portò a cambiare radicalmente il proprio modo di fare cinema, fino ad allora forse troppo incentrato sulla realizzazione di blockbuster, in quei tempi poco ben visti dalle parti dell'Academy of Motion Picture Arts and Sciences (l'organizzazione che assegna l'Oscar). Ed è infatti con Schindler's List, un film molto forte, girato in bianco e nero, sui campi di concentramento nazisti, che Spielberg riesce a vincere ben sette statuette tra cui miglior film e miglior regia.
In Italia Gabriele Muccino rappresenta senza dubbio il classico esempio di personaggio che si ama o si odia. Da una parte abbiamo infatti una schiera enorme di fan, ammaliati da Come te nessuno mai, rapiti da L'ultimo bacio e forse rimasti sorpresi dalle ultime due opere girate negli Stati Uniti con Will Smith (Alla ricerca della felicità e Sette anime). Dall'altra abbiamo invece l'esercito dei detrattori, un po' offesi dai luoghi comuni esposti in Come te nessuno mai inorriditi dal cliché dei trentenni d'oggi in L'ultimo bacio e forse rimasti sorpresi dalle ultime opere made in U.S.A.
Il 1989 fu un anno particolarmente importante per il cinema d'autore che, in quel decennio, soprattutto con la fine del ciclone della New Hollywood, visse la sua parabola discendente. Il grande successo di Sesso, bugie e videotape di Steven Soderbergh al Sundance Film Festival, rassegna sostenuta da Robert Redford e finalizzata alla promozione dei lavori dei cineasti indipendenti, e la vittoria della Palma d'oro al Festival di Cannes riportarono in auge il genere aprendo così la strada alle nuove leve tra le quali Quentin Tarantino.
Il terzo lungometraggio del grandissimo regista americano rappresentò un vera e propria rivoluzione per il cinema del tempo, in primis per la scelta di non utilizzare una consequenzialità temporale nel raccontare la storia. Proprio negli anni '90, in particolar modo nei primi film di Quentin Tarantino, regista simbolo di quel periodo di film come Pulp Fiction e Le Iene, possiamo ritrovare questo metodo di narrazione che, ai giorni nostri, consideriamo piuttosto comune (un altro clamoroso esempio è “Memento” di Christopher Nolan uscito nel 2000).
Perché “Save with Dave”? chiedetelo a Francesco Alò che come ogni sabato ci delizia con stupendi aneddoti che ci permettono di capire meglio i registi e gli attori protagonisti delle sue lezioni. Ed è proprio così che scopriamo che il regista di Velluto Blu David Lynch fin dall’adolescenza è un ragazzo che ha i piedi per terra con l’aspirazione di diventare tesoriere della classe, ambizione a tal punto forte da ideare lo slogan “save with dave”.