La vita, la morte, la verità
Dall’innevato Canada Tomás parte per Madrid, lasciando momentaneamente l’amata famiglia. Va a trovare il vecchio amico Julián, dal quale per molti anni (si intuisce) la vita lo ha allontanato. Julián è un attore un tempo molto noto, oggi vive solo e in ristrettezze, e di una vita di sentimenti probabilmente sprecati gli resta solo un vecchio cagnone, un pacioso bullmastiff con qualche acciacco. Julián vuole bene al cagnolone come a un figlio e come tale lo cura e se ne preoccupa: cosa sarà di lui dopo la sua morte?
Almodovar o della frociaggine
Cosa potrà mai succedere nella carlinga di un aereo "pilotato" da Pedro Almodovar? Bloccati nella business class, mentre i passeggeri nella economy dormono drogati (buon per loro), alcuni personaggi interagiscono con il personale dell'equipaggio, piloti e stewart soprattutto, mentre l'aereo invece che trasportarli in Messico, vola in cerchio in attesa di un atterraggio di emergenza dovuto all'accertato malfunzionamento di un carrello. Abbiamo un manager disonesto in fuga, dalla famiglia e dalla giustizia; una sensitiva vergine ansiosa di provare le gioie del sesso; un killer a pagamento, con il look da becchino ma dal cuore galante; una dominatrix depositaria degli imbarazzanti segreti di troppi potenti; un padre di famiglia fedifrago in fuga dalle sue troppe amanti; una coppietta disinibita e chimicamente "alterata" in viaggio nozze; un pilota bisex, un altro che crede di essere etero e invece...
La vita è fatta di silenzi e parole - questo il primissimo insegnamento dettato da un'agrodolce vocina fuoricampo nel corso delle sequenze iniziali de La vita segreta delle parole. La regista catalana Isabel Coixet, a seguito dell'ultimo La mia vita senza me, firma un altro film dalle tinte profondamente tragiche, incentrato sul suono della verità e dunque sul silenzio, quel silenzio fatto di costrizione, di vergogna, di dolore. Perché le parole a volte non bastano a dire un segreto di cui non ci si riesce a liberare, a volte è meglio lasciar parlare il proprio corpo, i suoi segni, le sue cicatrici indelebili.
Che la Spagna sia più avanti di noi è evidente da tante cose. Anche dai film. La Spagna, dopo essere uscita dal franchismo, negli ultimi trent’anni è cambiata moltissimo. Ed è avanti anche nella considerazione degli omosessuali, sia a livello sociale che legislativo. A contribuire alla piena integrazione dei gay ha contribuito senz’altro anche il cinema, in primis quello firmato da un grande artista come Pedro Almodovar, che in tutti questi anni ha rappresentato l’omosessualità nei suoi casi più estremi, con un’ironia, un’empatia e una sensibilità che appartengono solo ai grandi registi.
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Contro questa realtà cerca di opporre una comica resistenza l'attore Javier Càmara il quale, presentando alla stampa Fuori menù, film di cui è il protagonista, ricorda le sue vacanze a Formentera, invasa dagli italiani, e ci implora: "Non fatelo!"
Una considerazione più articolata viene dal regista della pellicola, Nacho Garcia Velilla, il quale sottolinea che la percezione della penisola iberica come una nazione fortemente emancipata socialmente e culturalmente derivi dal fatto che "abbiamo conosciuto la democrazia solamente trent'anni fa e quindi, adesso, pretendiamo dei cambiamenti rapidi, ottenuti grazie ai governi liberali di Zapatero. Tuttavia, sotto sotto, magari non così propagandata all'estero, c'è la Spagna di sempre, machista e conservatrice".
E la pellicola da lui diretta, incentrata su uno chef omosessuale la cui vita viene sconvolta dall'improvvisa comparsa di due figli nati da un precedente rapporto «di copertura», enfatizza questa «doppia anima» della società spagnola in cui "nonostante le importanti riforme degli ultimi anni, non tutti hanno ancora digerito l'omosessualità".
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