Perché l’uomo è terminale di cancro e dopo un anno di inutili cure ha deciso di vivere quanto gli resta libero da flebo e medicine, in attesa di quello che non si può rimandare. Tomás è stato avvisato della situazione e cautamente saggia il terreno per vedere se c’è spazio per un ripensamento, per capire i moventi del vecchio amico, sempre nel rispetto delle altrui scelte, nella discrezione che ha sempre impedito di approfondire i sentimenti. Hanno quattro giorni per rinfrescare il loro rapporto, per convincere l’uno delle ragioni dell’altro. Incontrano persone, fra cui la sorella di Julián, e anche il figlio di lui, persone amate ma tenute distanti, prima dallo stile di vita di Julián, che ha sprecato molto, e adesso dalla malattia. Finalmente senza bisogno di toppi discorsi, tante cose si chiariranno Senza perdere il controllo delle emozioni, perché non servirebbe, non rimedierebbe agli errori, non risolverebbe la malattia. Truman è una storia sull’amicizia, sulla vita che allontana e riunisce. Tratta un tema attualissimo e drammatico, quello della malattia, della scelta che tutti dovremmo essere messi in grado di fare, come aspettare la conclusione della nostra storia, come scriverla e soprattutto che finale darle. Perché è una decisione che spetta solo a noi. Ci spiace avere fatto spoiler (anche se la situazione è chiara dopo pochi minuti dall’inizio) ma altrimenti non potremmo spiegare perché Truman sia un film così bello, così importante. Grazie a una sceneggiatura raramente così perfetta la vicenda riesce in un paio di circostanze ad arrivare allo stomaco senza mai ricorrere a mezzucci strappalacrime, grazie anche alla bravura di tutti gli interpreti ma soprattutto dei due protagonisti, stupenda coppia di attori che gioca a sottrarre per comunicare, per trasmettere sempre di più. Con i lievi straniamenti di Javier Cámara che è Tomás, l’amico abituato da sempre a vivere nell’ombra dell’altro, e Ricardo Darin, con il suo Julián, che non riesce mai a smettere di essere “protagonista”, interpretato con un’intensità speciale, ritagliano due personaggi che resteranno nella memoria. Anche l’unica scena di sesso del film, così vera e naturale, elementare quasi, è indispensabile per ricordare che la carne è vita fino all’attimo prima di cominciare a morire. Truman è una storia che con delicatezza, e perfino con humor, racconta di sentimenti interrotti, e non solo dall’ombra della morte, perché tutti i protagonisti si sono in qualche modo lasciati, allontanati dal protagonista, per rotture, incomprensioni, fraintendimenti, proprio tutti, l’amico, la sorella, il figlio, l’ex moglie, anche gli amici meno prossimi riservano qualche sorpresa (dovremmo tutti parlarci di più). Eppure con pochi tocchi l’intensità originaria dei loro legami, la forza dei fili che li hanno tenuti collegati, appare lampante. Truman, che ha vinto cinque premi Goya, è scritto, diretto e recitato in vero stato di grazia. Aggiungendo al titolo la frase “Un vero amico è per sempre”, collegandola alla facciona del cane sulla locandina, la distribuzione mostra di temere che un discorso sulla conclusione di una vita possa avere sul pubblico, respingendolo. In questo adeguandosi alla tendenza attuale a rimuovere l’argomento, a rimandare ogni discussione, diseducando all’accettazione, all’elaborazione di un evento ineludibile. E invece, facciamoci delle domande, diamoci delle risposte. E, nel frattempo, sprechiamo il meno possibile.