Le ombre del Sistema
Nel 2008 a Pittsburgh operava il preparato e puntiglioso medico di origine nigeriana Bennet Omalu, un neuropatologo forense plurilaureato, attivamente impegnato nella costante costruzione del suo “Sogno americano”, da bravo emigrato con permesso di studio in attesa di cittadinanza. Per caso, per puro caso, è di servizio quando si deve effettuare l’autopsia sul cadavere di un devastato ex grande campione di football, finito a vivere, solo cinquantenne, come un barbone a causa dei suoi presunti problemi psichiatrici.
Affari sporchi
New York 1981, per la città l'anno più violento di sempre, per i numerosi crimini commessi. Non a caso la storia raccontata da J. C. Chandor, dopo Margin Call e All Is Lost, si colloca prima dei deliri alla Wall Street, quando ancora i soldi si facevano col duro lavoro, con gli affari a livello di strada. Abe Morales, ex immigrato cubano in ascesa per conferma sociale, ha un Sogno, che lo avvolge come il suo immacolato cappotto di cammello. Abel è uno che ci sta provando e vuole fare le cose per bene, seguendo le regole. Ha una compagnia di consegna carburanti, con un nutrito parco-camion e molti dipendenti.
Il festival cinematografico veneziano ci consegna l'ultima fatica del giovane talentuoso regista danese come fosse un regalo prezioso, tenuto nascosto per trent'anni a maturare, come il buon vino. Una pellicola che ha tutto il sapore 80's, a partire dal font usato per i titoli, per confermarsi nella scelta delle note di sottofondo, che rimbalzano sulle luci dei semafori di una Los Angeles ancora una volta scenario prediletto nel raccontare la solitudine. Questa alienazione riecheggia costante nell'intera cinematografia di Refn, cosí come di Lynch e di Fuqua prima di lui. Un forte senso di rarefazione, fin dalla prima splendida sequenza di immagini, intensificata notevolmente dalla scelta della luce che veste i personaggi di uno stile quasi caravaggesco.
Moti fattori concorrono a formare un bel film: gli interpreti e principalmente il protagonista; il regista; la storia; la fotografia; il montaggio; la musica (non necessariamente in quest’ordine). Ogni tanti i pianeti si allineano e ogni tanto in un film si trovano riuniti tutti questi elementi. Adattando liberamente il romanzo omonimo di James Sallis (pur con molte variazioni ma restando nel mood), Nicolas Winding Refn, autore di culto finora ristretto, poco distribuito per la violenza delle sue storie, realizza un noir senza tempo, che potrebbe essere ambientato negli anni ’60 come ai giorni nostri, perché immutabili sono certi caratteri: l’eroe stanco, carico di ferite non dette, che vive solitario, in bilico fra una vita normale e l’illegalità; la donna innocente, per la quale (per lei, solo per lei) si abbandonano prudenza e isolamento; l’amico di buona volontà ma irrimediabilmente fallito, che ti trascinerà con sé; i malavitosi di vario rango, tanto più crudeli e cinici quanto meno potenti; l’ex galeotto che si illude di tirarsi fuori dai giri pericolosi, così come la puttana da locale. Nessun amico su cui poter contare, perché come nella giungla, si è soli davanti alle belve. Il ragazzo (Kid), che non ha nome come era per il protagonista di un altro film su un “cavaliere solitario”, Driver di Walter Hill, vive in simbiosi con le macchine: le ripara di giorno, le guida sui set in cui fa lo stuntman e di notte lungo le strade che percorre in fuga, durante i colpi cui partecipa come autista. Avrà solo un momento di debolezza, per la bella e indifesa vicina di casa, col suo tenero bambino. Trascinato in un giro di gangster di inusitata ferocia da una serie di ineluttabili scelte sbagliate, percorrerà con coerenza il cammino verso una fine (forse) già nota.
Il film ha come protagoista uno stunman di Hollywood (Ryan Gosling) che, dopo aver dato una mano al marito della sua bella vicina di casa (Carey Mulligan), si trova coinvolto, suo malgrado, in una vera e propria battaglia per la sopravvivenza. Nel cast anche Christina Hendricks, Bryan Cranston, Ron Perlman, Oscar Isaac, ed Albert Brooks
Le immagini (così come i commenti) sono promettenti. Drive potrebbe davvero essere il film dell'anno.
La storia del cinema di Martin Scorsese non è solo una storia di grandi film, ma anche di grandi personaggi. Non fuggono a questa categoria il magnate Howard Hughes di The Aviator o l'investigatore Teddy Daniels di Shutter Island, interpretati entrambi da Leonardo di Caprio.
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La notizia che arriva dal Festival di Berlino ha del clamoroso: Martin Scorsese, presente alla manifestazione per presentare il suo Shutter Island, avrebbe deciso di unirsi al danese Lars Von Trier per realizzare un remake di Taxi Driver, il film-simbolo del regista americano che potrebbe così tornare sul grande schermo.
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Dopo la pausa per il lungo treno delle feste natalizie, ci ritroviamo con Francesco Alò nel Teatro 16 di Cinecittà per riprendere il percorso sulla New Hollywood iniziato con Easy Rider. Il film protagonista è Taxi Driver di Martin Scorsese, famoso ai più anche per l'ormai mitica scena di Robert De Niro di fronte allo specchio, resa ancor più celebre in Italia dall'inconfondibile voce di un grandissimo Ferruccio Amendola.
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