Soprattutto, a sorpresa, il monaco viene invitato nella sua stanza dal più potente dei potenti, il Direttore del Fondo Monetario Internazionale, Daniel Roché, che il giorno dopo viene ritrovato morto, apparentemente per suicidio. Nell’agitazione collettiva, molto controllata ovviamente, con la Polizia che cautamente indaga, l’enigmatico monaco, è guardato con timore, fastidio, perplessità. Perché in fondo è uomo di Dio che subisce la situazione in modo ben diverso dagli altri partecipanti al meeting e rifiuta di condividere i segreti confessati dall’uomo durante la serata. Perché tutti quanti sono convinti che Roché di segreti ne abbia raccontati e molti. Alcune certezze vacillano, alcune strategie devono essere riviste, nell’incertezza che dilaga. La morte di Roché a qualcosa forse è servita. Chissà se era nelle sue intenzioni però. Sicuramente aveva ben scelto chi lasciare depositario delle sue ultime confidenze. Ci si aspetta continuamente che il film decolli, che la storia trovi una ragion d’essere che la faccia svoltare dalla prevedibilità complessiva, che invece uniformemente si espande fino alla conclusione. Poco originale è la descrizione della congerie di potentissimi tutti con qualche vizietto nascosto, con l’enigma della manovra lacrime e sangue senza ritorno che hanno in serbo, così come la felpata asetticità del luogo, l’evasività del monaco, la misteriosa attrazione che esercita su alcuni. Perplessità a margine: ma davvero la Polizia non farebbe un’autopsia su un potentissimo morto in circostanze poco chiare? Tutto si risolve nel discorso finale del religioso, con note citazioni evangeliche, una coscienza forse sarà stata toccata, la rovina del mondo forse rimandata (ma solo rimandata). Quindi? Le confessioni non funziona come thriller e come film di critica al Sistema ancor meno, con le sue scivolate nel surreale e qualche spunto socio/politico buttato là. Scontato il quadro di uomini del potere supremo, che costruiscono sul nulla castelli di cifre, equazioni su fogli di carta elettronici che però poi hanno ricadute drammatiche sulle vite concrete della gente, di cui con le loro astruse e astratte formule non si curano per nulla. Così come scontato è l’uomo di Dio che è tutto il contrario di loro, incomprensibile gestore di un potere superiore misteriosissimo eppure temibile (che però lascia che tutto avvenga). Roberto Andò, dopo il più riuscito Viva la libertà, dirige il suo film girato in italiano, francese, inglese e tedesco (con sottotitoli), interpretato da un ottimo cast di bei nomi internazionali. Toni Servillo, come De Niro, fa la sua faccia “alla Toni Servillo”. Ma Le Confessioni lascia troppe cose in sospeso come thriller, non arriva a una soddisfacente conclusione dal punto di vista morale e si conclude con una nota incongruamente surreale. In fondo tutto è più banale di quanto la complessa scrittura vorrebbe significare.