Un incidente gli frantuma i suoi preziosi strumenti di lavoro, che dopo mesi di operazioni sempre più azzardate rimangono due inutili appendici tremanti. Disperato, rovinato anche finanziariamente, in rotta pure con l’unica che ancora lo ama (Rachel McAdams), si fida di un improbabile consigliere e vola a Kamar-Taj, vicino a Kathmandu, nel mistico Nepal, dove forse si è verificata una guarigione miracolosa. Là, con l’aiuto di Mordo (Chiwetel Ejifor), un mistico che lo soccorre, scopre che tutte le sue certezze non valgono nulla e deve accettare un frustrante apprendistato sotto la durissima guida dell’Antico, un’androgina creatura (l’aerea Tilda Swinton), protettore dello spirito del mondo, così come gli Avengers proteggono la parte materiale dell’umanità. In un curioso revival di temi mistico-religiosi cari agli anni ‘60/70 (che bello tornare a sentir parlare di corpi astrali, mentre ci si immerge in visioni lisergiche e ci viene mostrata la copertina di un libro di Huxley), Strange inizia una lenta evoluzione spirituale, anche se il corpo sembra metterci più tempo. Ma, appena entrato a far parte degli Stregoni Supremi, dovrà salvare il mondo dall’attacco di Kaecilius (Mads Mikkelsen, che meritava però un villain di maggiore spessore), discepolo degenere della scuola, rimasto affascinato dal lato oscuro che domina una parte dell’Universo (nel film si parla infatti anche di multiversi). Lì la mortalità, caratteristica così sofferta dalla razza umana, non esiste, come non esserne tentati? Dirige Scott Derrikson (qualche interessante horror/thriller all’attivo), che scrive anche la sceneggiatura insieme a Jon Spaihts e C. Robert Cargill, quella che in fondo è una storia di formazione, anche se fantastica, essendo “marvelliana”. A sorpresa (vale sempre l’effetto bassa aspettativa) il film si rivela un ottimo action, dove la trama conta fino ad un certo punto (non osiamo prevedere futuri contorsionistici intrecci con gli altri Avengers). Restare seduti fino alla fine, perché ci sono due scene supplementari. A farla da padrone sono gli splendidi effetti speciali davvero specialissimi, che mettono in movimento le stupende scenografie di Charles Wood (ma tutto il gruppo di Art Direction e Set Decoration meriterebbe di essere nominato, c’è un motivo se i titoli di coda non finiscono mai), che si frantumano, si ricompongono, si avvolgono e srotolano, mutando prospettive e sovvertendo la legge di gravità (ogni paragone con Inception è improprio, certe strutture architettoniche ricordano piuttosto Escher/Labyrinth). Perché il fine ultimo è sempre la meraviglia. Si impone anche la fotografia di Ben Davis (Avengers: Age of Ultron e Guardian of the Galaxy). Spettacolare e originale la sequenza del combattimento per le strade di Hong Kong, mentre il tempo si riavvolge. E pure divertente il sottofinale, curiosa ripresa del Giorno della marmotta per quanto riguarda le conseguenze di un loop temporale. Benedict Cumberbatch (da ricercare in versione originale, vista la stupenda voce) è perfetto per l’algido Strange, personaggio comparso brevemente in qualche film e serie tv del passato, più spesso in animazione, oltre che in qualche videogame. Il Dottore, uomo scettico e freddamente razionale, è però spolverato da un’ironia connaturata col personaggio, senza troppi siparietti comici insistiti. Una menzione per la Cappa della Levitazione, che sceglie di appartenere a Strange, protagonista anche lei di qualche gag. Data la bellezza delle invenzioni visive, panorami e architetture, consigliamo la visione in una sala adeguata, il massimo sarebbe un IMAX e anche il 3D del film è davvero “real”.