Spotlight: Recensione

Di   |   18 Febbraio 2016
Spotlight: Recensione

 

Un faro nel buio

1976: erano ancora gli anni in cui un Cardinale in limousine si portava via dal Distretto di Polizia il suo prete accusato di molestie su minori. Minori tutti accuratamente scelti fra i più poveri e con le famiglie più problematiche, troppo deboli per potersi difendere, impossibilitati ad affrontare costose cause legali nel caso avessero deciso di denunciarli. A Boston nel 2001 arriva un nuovo direttore per lo storico quotidiano Globe e l’aria che tira è subito nuova.


La sezione chiamata Spotlight, che si occupa ciclicamente di scoperchiare nuovi scandali, viene da lui gentilmente invitata a volgere la propria attenzione a un argomento già venuta alla luce, ma accantonato, trascurato, relegato in passato a cronaca locale, gli abusi dei preti sui minori. Fra le mille cartelle gonfie di ritagli degli ormai scomparsi archivi cartacei, emerge poco alla volta una realtà angosciante. Le denunce esistevano, le segnalazioni erano state fatte, qualcuno aveva letto e messe da parte, per il momento, un momento molto lungo. E la quantità delle denunce, delle persone coinvolte, vittime e abusatori, è enorme, superiore ad ogni aspettativa. Con un paziente (e ostacolato) lavoro investigativo, il team di giornalisti riesce a mettere insieme un’agghiacciante lista di ben 70 nomi certi (probabilmente 90 e più), e a scoprire che i casi denunciati venivano “risolti” da avvocati di parte, che per anni avevano mediato conciliazioni sottobanco con le vittime, in cambio del loro silenzio, tacendo essi stessi sull’orrore che avveniva nel corso degli anni sotto i loro occhi e consentendogli così di proseguire. Potentissima era infatti l’omertà dell’establishment locale che guardava con determinazione dall’altra parte, mettendo in atto con subdoli metodi una velata ma fortissima intimidazione nei confronti di chi si mettesse in testa di indagare, giornalisti o avvocati che fossero. In tutto questo, la Polizia taceva per convinzione o per timore di ritorsioni da parte delle potenti alte sfere, tutte cattolicamente colluse. Da quando c’è Papa Francesco, che è tanto simpatico e dice tutte quelle belle cose che ci si aspetterebbe da un papa, sembra brutto continuare a rivangare argomenti scomodi e scottanti come ad esempio la pedofilia. Problema sempre noto, sempre taciuto, negli ultimi anni per fortuna finalmente esploso. E quindi c’è il rischio che molti benpensanti trovino di cattivo gusto, quasi inopportuno sollevare ancora l’argomento (come era successo con Philomena, film premiato e di buon successo di pubblico, su cui sono stati fatti però molti distinguo, della serie “queste cose non succedono più”). Ma noi siamo del parere che di ogni crimine sia necessario essere ben informati, perché non sia dimenticato, perché non si verifichi più, perché le vittime trovino sempre il coraggio di parlare. Perché resti agli annali e non rischi di evaporare dalla corta memoria del nostro secolo. E quindi ben venga questo ennesimo prodotto che con grande professionalità, intrattenendo e appassionando senza calcare mai la mano, scoperchia i fatti avvenuti nella cattolicissima Boston dagli anni ’60 con la connivenza di un noto alto prelato, il Cardinale Law, mostrando come allora (allora?) la Chiesa cattolica sia stata (stata?) una colossale organizzazione che, con omertà che definire mafiosa è corretto, ha nascosto al mondo per decenni una tragica realtà. Il cast, come accade spesso in alcune produzioni interessanti che attirano i bravi attori, è splendido e tutti sono al loro massimo rendimento e li elenchiamo a pari merito: il capo-radattore Michael Keaton, i redattori Mark Ruffalo, Rachel McAdams, Brian d’Arcy James, il Vice John Slattery, l’avvocato Stanley Tucci, il Direttore Liv Schreiber. Anche nei ruoli di contorno le facce note abbondano. Come curiosità segnaliamo che Schreiber anche nella serie tv Ray Donovan subiva le conseguenze di una situazione simile, misero ragazzetto irlandese di Boston molestato insieme ai fratelli, che cercava una ben più dura rivalsa. Su sceneggiatura di Josh Singer, il simpatico Tom McCarthy, occasionalmente anche attore, già responsabile di film interessanti come The Station Agent e L’ospite inatteso, dirige un bel film che ha anche il merito di ricordarci la Stampa come abbiamo sempre sognato che dovrebbe essere, come tanti (illusori) film americani ci hanno mostrato (anche se loro almeno un Watergate ce l’hanno avuto), con meravigliosi redattori e direttori e editori illuminati (non quanto in Newsroom ma poco ci manca). Spotlight è insomma un film così ben costruito che induce a illudersi che, una volta ogni tanto, i buoni possano vincere, che la giustizia possa trionfare.

 

Giudizio

  • appassionante
  • 8/10

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