La regola del silenzio: Recensione
Di Giuliana Molteni | 20 Dicembre 2012Il prezzo degli ideali
A cavallo fra gli anni '60 e i '70 gli Stati Uniti sono stati attraversati da molti movimenti di contestazione, sull'onda della protesta per la guerra nel Vietnam. Fatti oggetto di una durissima repressione, delusi dai risultati conseguiti con le manifestazioni non violente, alcuni gruppi si erano staccati dal movimento pacifista, iniziando una forma di guerriglia culminata in una serie di attentati. I gruppuscoli, dei quali i più noti erano i Weather Underground, come da tradizione si finanziavano anche grazie a rapine a mano armata, nel corso delle quali c'erano state delle vittime innocenti. Traendo spunto da questi eventi storici, Robert Redford racconta un'interessante storia di finzione, che lo vede anche nei panni del protagonista. Redford interpreta l'avvocato Grant, ex appartenente a uno di questi gruppi, da decenni sotto falsa identità ad Albany.
In questa condizione si è rifatto una vita, e una carriera di tutto rispetto, diventando padre di una figlia quasi adolescente. A rimescolare le carte è l'arresto di una vecchia compagna di lotta (interpretata da Susan Sarandon), evento che riporta tutto quel periodo agli onori della cronaca. Grant a quel punto viene stanato da Shepard (LaBeouf), un giovane ambizioso reporter, che per primo scopre la sua vera identità, scatenandogli dietro l'FBI. Shepard è però solo un incauto ragazzo, che pensa alla gloria oltre che a salvarsi il posto, e mai si è interrogato sulle conseguenze delle sue azioni, tese solo allo scoop, alla fama, all'aumento di stipendio. La verità invece ha sempre un prezzo, che in molti, anche se diversamente, dovranno pagare. Compatto e avvincente La regola del silenzio (in originale The Company You Keep) è uno di quei film che viene da definire "stile anni 70". Redford ha un suo modo di fare cinema che oggi sembra superato ma riesce a realizzare un ben congegnato thriller (perché ci sarà da scoprire la vera verità su molti fatti), con un approfondito ritratto psicologico dei vari personaggi, con lo sfondo di eventi ormai lontani e da noi relativamente noti, ma capaci di indurre ancora oggi alla riflessione (come già era nel suo precedente film, The Conspirator, sull'assassinio di Lincoln). Il film, ispirato al libro di Neil Gordon, sembra anche tracciare un parallelo fra due cronisti: il personaggio di Bob Woodward, realmente esistito, interpretato da Redford in Tutti gli uomini del Presidente, e l'inventato Ben Shepard di Shia LaBeouf, su modello attuale, che evidenzia lo stacco che si è verificato fra le generazioni, nell'impossibilità di comprendere idealismi oggi di lontananza siderale. Un cast splendido concorre alla riuscita del film, di quelli che rendono felici l'appassionato cinefilo a ogni entrata in scena. Oltre all'invecchiato Redford sfilano Julie Christie, Susan Sarandon, Richard Jenkins, Nick Nolte, Sam Elliott, Stanley Tucci, Brendan Gleeson, Chris Cooper. Al cast "maturo" si affiancano ottimamente Shia LaBeouf, Anna Kendrick e l'interessante Brit Marling. I sopravvissuti a quei momenti che allora sembravano gloriosi, oggi sono anziani borghesi, se si sono piegati alla legalità, o stanchi fuorilegge vecchio stile, se hanno deciso di restare ai margini di quella società che non sono riusciti a cambiare. Vite che, prive della lotta per gli ideali che sembravano sacrosanti (e forse lo erano), si sono piegate fra rimorsi e rimpianti ingrigendo fra le mille rughe. Della storia interessa quindi la riflessione sul rovello di ogni "terrorismo" che, a seconda da che direzione lo si guardi, si può scrivere anche "patriottismo": se la causa è giusta ma i metodi di lotta sono inefficaci, è lecito fare il "salo di qualità" e passare a maniere più forti, rischiando vite innocenti? Alla fine sembra che il Sistema vinca sempre lui. Per cosa allora vite rovinate, decenni di false identità e spostamenti continui (come già narrato da Sidney Lumet in Vivere in fuga del 1988), cuori spezzati, famiglia lacerate, amicizie interrotte, lutti e solitudine? Ai posteri...
Giudizio
- malinconico
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