Greek don’t Crack
Abbiamo lasciato Toula e Ian 14 anni fa, a convolare finalmente a sofferte nozze, superando le ostilità delle rispettive famiglie, greca lei, Wasp lui. A Chicago la famiglia di Toula era emigrata dalla natia Grecia, integrandosi e aprendo un’attività commerciale di successo, ma senza mai veramente mischiarsi con gli anglosassoni, mantenendo fieramente il senso della propria diversità, conservando lingua e usi e costumi. I “bianchi” americani benestanti, genitori di Ian, avevano accettato faticosamente “l’estraneità” del gruppo da cui proveniva la sposa, pur “civilizzata”.
Un inutile travaglio
Troppo facile iniziare la recensione giocando sul titolo del film: cosa aspettarsi quando si va a vedere l'ennesimo film corale che questa volta tratta uno dei tempi più spinosi del nostro secolo, la procreazione, il desiderio di paternità/maternità (storicamente ben diverso nei due sessi), il prolungamento di se stessi con la creazione di una creatura nuova nella quale infondere la nostra essenza ecc ecc...Va detto che nascita e morte, inizio e fine, sembrano ormai essere temi davvero rimossi, mentre sono i due momenti più "naturali" della nostra breve esistenza che ormai però, soprattutto nei paesi anglosassoni, non sono più vissuti in tale maniera.
Il film segue le vicende di un vedovo (qui il premio Oscar Robert De Niro) che si imbarca in un viaggio per andare a trovare i suoi figli, ormai grandi e lontano da casa, per scoprire che le loro vite sono tutt’altro che il ritratto della felicità. Il tema della famiglia è quindi il nodo centrale di questo racconto che mostra le distanze, fisiche ed emotive, dei vari personaggi e dei loro relativi viaggi per ricomporre un’unità da tempo perduta.