Quasi Amici - Intouchables: Il diavolo e l'acqua santa

Di   |   24 Febbraio 2012
Quasi Amici - Intouchables: Il diavolo e l'acqua santa
Dalle stalle alle stelle, dalla più squallida banlieue ai saloni di una fastosa dimora da miliardari. Questo capita a Driss, teppista di periferia originario del Senegal, sull’orlo di perdersi nella piccola illegalità, quando viene provocatoriamente assunto da un datore di lavoro molto particolare, un ricchissimo aristocratico, rimasto completamente paralizzato dopo un incidente di parapendio. Dopo un breve periodo di fortunoso, riottoso assestamento, le “cure” con cui Driss letteralmente investirà il suo assistito, saranno non una ventata ma un tornado di vita, che spazzerà tutta l’afflizione, la contrizione, sotto le quali per il rispetto nei confronti della disabilità si rischia di seppellire il malato, come se, oltre a dover sopportare la sua invalidità, dovesse anche trasformarsi in un asceta. Se si viene costretti a continuare a vivere, che almeno vita sia. Facendo piazza pulita di un’atmosfera di pietismo soffocante e di cautele anche inutili, l’anomalo badante strapazzerà un complice Philippe, lo sballotterà per ogni dove, lo aiuterà a drogarsi e a farsi fare (almeno quello) un massaggio erotico. Lo incoraggia anche a parlare finalmente con la sconosciuta con la quale intreccia un’algida relazione epistolare. Anche Philippe però avrà cose da insegnare a Driss, più trasversalmente forse, ma ugualmente utili. Alla fine del loro rapporto, entrambi si lasciano alle spalle un uomo diverso.

Se di “messaggio” si vuole parlare, allora è di conciliazione, perché anche fra i più diversi, forse, si può trovare un punto d’incontro a patto di saper ascoltare, guardare oltre la superficie, di sapersi accettare e avere qualcosa da scambiare, che può essere anche Vivaldi contro Earth, Wind and Fire. Il bel film Quasi amici, in originale The Intouchables con il riferimento alla più reietta casta indiana, si sta avviando ad essere uno dei massimi successi in Francia, con incassi stratosferici e con otto candidature ai César (gli Oscar francesi). Racconta l’avventura della vita di due persone, due diversamente handicappati dalla vita, uno nel fisico, l’altro per le sue origini, le cui strade a un certo punto si sono incrociate cambiando profondamente il percorso. La storia riesce a far davvero ridere, con una “scorrettezza politica” solo apparente nei confronti della malattia, mentre è davvero più cattiva la satira sulle autolesioniste smanie esistenziali degli annoiatissimi, algidi alto-borghesi (esilarante la serata a teatro). François Cluzet, per tutto il film immobilizzato nel suo disperato Philippe, amareggiato e furioso prigioniero del suo corpo, recita solo con lo sguardo e il sorriso. Ma la sorpresa del film è Omar Sy, un “bullo” irresistibile dalla strabordante fisicità, dalla comunicativa travolgente, dal calore umano tangibile, personaggio molto noto oltralpe, dopo una lunga gavetta come comico tv.  Conferisce al suo personaggio una carica di simpatia fino eccessiva, perché raramente nella vita si incontra un ragazzone (di qualunque origine sociale) che sia tanto spiritoso, allegro, divertente, sensibile e chi più ne ha…

Si parla già di un remake italiano e di uno americano. L’idea del film è nata nei due registi Olivier Nakache ed Eric Toledano (Primi amori, primi vizi, primi baci) dopo la visione del documentario À la vie, à la mort, nel quale si raccontava il caso di un giovane della banlieue che si occupava di un nobiluomo tetraplegico. Infatti la sceneggiatura è tratta dal libro Il diavolo custode, scritto dal reale protagonista della storia, il duca Philippe Pozzo di Borgo (editore Ponte alle Grazie), ex dirigente della Pommery, toccante e significativa cronaca di un’esperienza terribile, vissuta con uno spirito reattivo. Per chi, toccato dalla storia, fosse interessato, questa è la mail dell’autore Questo indirizzo e-mail è protetto dallo spam bot. Abilita Javascript per vederlo.

Giudizio

  • Divertente e toccante
  • 8/10