Pieta: Recensione

Di   |   17 Settembre 2012
Pieta: Recensione

Non fare agli altri...

 

Dopo alcuni anni di semi oblio, durante i quali un suo film (Time, per la precisione) venne rifiutato dal Festival di Cannes, torna in auge il coreano Kim ki-duk che, nel 2004, aveva stupito ed esaltato le platee veneziane con Ferro 3, film "a sorpresa" che si aggiudicò il Leone d'Argento. Dopo otto anni, il regista torna a Venezia con un film meno originale, meno visionario, forse anche meno meritevole di Ferro 3 ma, con buona pace di Marco Bellocchio (rimasto ingiustamente a secco), si aggiudica l'ambito Leone d'Oro.

Pieta racconta la storia di Lee Kang-do (Lee Jung-jin), un uomo che vive in un quartiere povero di Seoul, e che riscuote a modo suo i debiti per conto della malavita. Il suo metodo consiste nello storpiare in modo definitivo le persone che non pagano, in modo da incassare il risarcimento dell'assicurazione. Un giorno, incontra una donna (Cho Min-soo) che dice di essere sua madre: inizialmente la rifiuta, ma poi la accoglie nella sua vita e inizia un processo di redenzione che sembra arrestarsi bruscamente quando lei scompare.

Vendetta, Colpa, Redenzione sembrano tre parole chiave nella filmografia (e, probabilmente, anche nella società) coreana contemporanea. Con uno stile lontano anni luce da quello a cui eravamo abituati, Kim ki-duk firma un'opera che si inserisce perfettamente nel contesto inaugurato dalla trilogia della Vendetta di Park Chan-wook e proseguito, idealmente, da (per citare solo il migliore) I Saw the Devil di Jee-woon Kim. A dire il vero, già nell'interessante Bad Guy (2001) Kim ki-duk esplorava una tematica simile, ma è solo con Pieta che l'elaborazione prende forma e si trasforma in lacrime, sangue e disperazione. Una narrazione, quella del regista coreano, lineare ed algida, molto più fruibile rispetto alle opere precedenti tanto da diventare, a tratti, quasi "cool". La violenza è esplicita e diretta ed il ritmo incalzante, tanto che lo stesso regista, in conferenza stampa, ha definito Pieta "un film d'azione".

 

Ciononostante, è ancora e sempre l'interiorità dei personaggi ad inquietare davvero, a farci aspettare, con il cuore in gola, l'evolversi degli eventi. Il punto di vista, infatti, si ribalta in continuazione e la mutazione interiore del protagonista da carnefice a vittima mette in ombra le macchinazioni pratiche della vendetta e ci spinge a concentrarci (forse ad identificarci?) sulle espressioni facciali dello strepitoso interprete Lee Jung-jin. Kim ki-duk ci insegna, usando metafore semplici e, se vogliamo, anche poco originali ("Che cos'è il denaro?" si chiedono in continuazione i personaggi), come sia facile far male a una persona: solo mettendosi davvero nei panni di qualcun altro, provando empaticamente, sinceramente e visceralmente le sue emozioni, è possibile provare la vera pietà. Tutte le altre opzioni sono solo chiacchiere e distintivo...

Giudizio

  • rigoroso
  • 7/10