Il film comincia nel 2089, quando i due ricercatori Shaw e Holloway scoprono alcuni graffiti in una grotta nell'isola di Skye, in Scozia. Vi sono raffigurate alcune creature umanoidi che indicano una costellazione: lo stesso graffito è presente in tutto il mondo, in ogni periodo storico ed in tutte le culture. Due anni più tardi Shaw e Holloway si svegliano sul Prometheus, un'astronave della Weyland Industries: la missione è quella di arrivare in un preciso pianeta di quella costellazione e svelare il mistero che sottende alla creazione della razza umana. Le cose, però, non andranno proprio secondo i piani. Lungi dall'essere quel "progetto nuovo" di cui si parlava, Prometheus si trasforma in un curioso oggetto per capire come funziona l'industria hollywoodiana contemporanea: mascherato da storia nuova, ha le aspirazioni del prequel, finisce come un prequel (suggerendo un sequel) ma, in realtà, non è altro che un remake, anzi, un reboot di Alien. E, come ci insegna il proverbio, "chi troppo vuole, nulla stringe": la sceneggiatura di Jon Spaiths e Damon Lindelf cerca di aggiornare gli incubi che furono di Dan O'Bannon (il vero cervello, cuore ed anima dietro al film Alien) ma sbanda clamorosamente negli snodi narrativi cruciali, spreca energie in personaggi inutili (Charlize Theron???) e non riesce mai ad essere davvero inquietante ("feeling of Doom" dicono gli americani). Detto questo, è anche giusto sottolineare come Ridley Scott non sia, probabilmente, da incolpare più di tanto: per fare la Fantascienza come si deve occorrono denari e, per ottenerli, nell'industria di oggi, i compromessi sono necessari (Tim Burton, solo per fare un nome, ormai sono anni che non fa più un film veramente "suo"). Tutto ciò, quindi, non deve influenzarvi più di tanto: Prometheus rimane, comunque, un'opera visivamente superba, con qualche spunto geniale e, se lo si prende per quello che è (un fumetto), può trasformarsi in un'esperienza discretamente divertente. Ce ne fossero...
Prometheus: Recensione
Di Paolo Zelati | 17 Settembre 2012Nel nome dei Padri
Erano, ormai, diversi anni che Ridley Scott inseguiva il progetto Prometheus, un ritorno alla Fantascienza dopo averla cambiata per sempre nel 1979 (Alien) ed averne scritto un'altra pagina importante nel 1982 (Blade Runner). Poi, con la sola eccezione del godibilissimo Legend (noi siamo tra quelli che pensano che Tenebra sia una delle rappresentazioni cinematografiche del Diavolo più riuscite di sempre) Scott si è allontanato dal cinema Fantastico per dedicarsi all'action pura ma senza mai, sono parole sue, "perdere il gusto del meraviglioso". Ritornare ad un genere tanto particolare non era, però, per nulla facile, soprattutto dopo averne contribuito direttamente all'evoluzione: le aspettative dei fan erano decisamente alte. Ed è stata proprio questa pressione (unita a quella degli Studios), forse, ad aver confuso il regista americano, il quale è passato dall'idea di girare un prequel ed un sequel di Alien "back to back", fino a quella di un "progetto completamente nuovo", per poi arrivare all'ibrido Prometheus, giocattolone in confezione regalo che, sulla carta, era sembrato un buon compromesso per accontentare tutti.
Giudizio
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