Personaggio nato per fare il verso alle grandi spie, James Bond in testa, era già stato protagonista di un film nel 2003. Oggi lo ritroviamo, drammaticamente caduto in disgrazia dopo il clamoroso fallimento di un misterioso affaire a Mombasa, richiamato in servizio per fare fronte ad un pericolo che minaccia gli equilibri mondiali. Un’associazione chiamata Vortex sta tramando per ammazzare il primo Ministro cinese e compromettere i rapporti Est/Ovest. L’MI7 si trova costretto a richiamare in servizio l’ormai decaduto agente segreto, che si è rifugiato fra le montagne del Tibet. Fra diffidenze e perplessità non del tutto ingiustificate dei suoi superiori, English, aiutato da un novellino pieno d’entusiasmo, si dovrà districare fra trame diaboliche, droghe misteriose, armi letali, gadget che ricalcano quelli del mitico Q nei film di 007. Da Londra a Hong Kong finendo fra le nevi svizzere, affronterà traditori e nemici spietati, il peggiore dei quali sarà una diabolica vecchiaccia assassina, su modello della Rosa Klebb in Dalla Russia con amore.
Il nuovo film si rivela a sorpresa un sequel davvero brillante, con una sceneggiatura ben costruita che ricalca con humor tanti iperbolici action di genere, oltre a Dark Knight (l’esilarante incipit), Bourne, e perfino Lie To Me, e principalmente il mitico 007, scandito da una serie infinta di piccole gag, di battute, di situazioni davvero divertenti. Johnny English, cui Atkinson presta la sua buffa faccia di gomma, è il solito tronfio imbecille, con l’abituale, immarcescibile supponenza da inglese doc, impermeabile a ogni genere di gaffe e figuraccia, che però non può non far tenerezza in un mondo di super-spie e di algidi burocrati infallibili. Si tratta di un personaggio creato con un umorismo che deriva direttamente dal cinema muto, un uomo impassibile come Keaton che cerca di mantenere la propria dignità, anche mentre è perfettamente cosciente di non essere all’altezza della situazione. Mentre inanella una serie incredibile di disastri, provocando con la sua inadeguatezza incidenti catastrofici, risulta chiaramente imparentato con il mitico Ispettore francese.
A fianco di Atkinson, compassato e sempre cool, troviamo Gillian Anderson (Scully di X Files), capo dell’MI7, la dolce psicologa comportamentista Rosamund Pike, il super agente, quasi un vero 007, Dominic West (The Wire) e il giovane nerd dello spionaggio Daniel Kaluuya (la serie tv Psychoville e Skins).
Dirige Oliver Parker, che ricordiamo autore di Un marito ideale e L’importanza di chiamarsi Ernesto, che sembra essersi ripreso dal trash di Dorian Gray. Bella colonna sonora, anch’essa molto “seria”, di Ilan Eshkeri. Sui titoli di coda, che contengono un’ulteriore scenetta, la canzone I Believe in You, cantata da Rumer in vero Bond-Style.