Muore l’amata nonna, ammalata da più di 10 anni, e tutti temono per l’affettuoso marito, nonno Dick (nomen omen?), che l’ha accudita amorosamente nella malattia, dopo decenni di matrimonio felice. Ma dopo il funerale Dick manifesta un solo desiderio, farsi portare dal nipote a Boca per un conveniente torneo di golf. In realtà il nonnetto vuole trascinare il ragazzo a Daytona dove si tiene uno Spring Break, nota occasione per sfondarsi di alcool, droghe e sesso, che è esattamente ciò che il nonno desidera, dopo troppi anni di repressione. Ma il nonno vuole le stesse cose anche per il nipotino, per liberarlo del famoso bastone e permettergli di capire cosa davvero vuole dalla vita, trovando il coraggio per andare a prenderselo. A leggere così non sembrerebbe neanche male. E invece. Punto. Quante cose toccherà dire per spiegare che semplicemente questo Dirty Grandpa, Nonno zozzone o Nonno scatenato che sia diventato, non ci è piaciuto, anzi ci ha fatto soffrire, messi quasi a disagio dalle situazioni imbarazzanti in cui vengono posti gli attori. Infastidisce (irrita) il messaggetto piccolo piccolo appiccicato di fretta (sii capace di decidere cosa vuoi essere e vai per la tua strada); lo squallore generale delle situazioni; le gag che non fanno mai ridere; le battute grevissime; qualche piccola trovata comica rovinata dall’eccessiva reiterazione; culi e tette come piovesse (distrazione di massa); peni disegnati ossessivamente sulle facce; l’ossessione sullo scopare, fottere, masturbarsi; Zach Efron in perizoma con ape di peluche sulle parti intime; e soprattutto lui, De Niro, l’amato Robert, che ormai campa sulla sua faccia da duro schifato del mondo, ma che dovrebbe farsi curare la sua compulsione lavorativa e scegliere meglio, perché quella faccia la sta facendo venire a noi, mentre lo guardiamo. I personaggi di contorno, che talvolta in film come questo riescono a sollevare moderatamente le sorti generali, qui pure loro sono insulsi e fastidiosi. Dirige Dan Mazer, una carriera a fianco di Sacha Baron Cohen (Ali G, Borat, Bruno, Il dittatore), che non ha il coraggio di andare fino in fondo alla volgarità (come ha follemente fatto Cohen in Grimsby) e così naviga a vista in mezzo a tutti i luoghi comuni della comicità da “nuova commedia americana” (quanta nostalgia abbiamo di quella vecchia…). E non c’è situazione che non sia già vista, prevedibile nella banalità e nella pretesa di “scandalizzare”, mentre, ripetiamo, mette solo a disagio, ma non moralisticamente, proprio perché daremmo noi un assegno a Efron e a Robert De Niro pur di non vederli ridotti così.