La febbre del sabato sera: amicizia e riscatto ai tempi della disco

Di   |   09 Marzo 2009
La febbre del sabato sera: amicizia e riscatto ai tempi della disco

Spesso capita che i grandi capolavori del cinema diventino talmente delle icone che la gente si dimentica di vederli e/o rivederli per quello che sono e non per quello che sono diventati.

La febbre del sabato sera è indubbiamente uno di questi film: un film che, soprattutto per chi è nato negli anni '80, può essere noto più per le innumerevoli citazioni in altre pellicole più o meno seriose (vedi L'aereo più pazzo del mondo) che per averlo direttamente visto. E allora si può incorrere nell'errore di credere che la trama non sia altro che un omaggio al periodo d'oro della disco music. La febbre del sabato sera è invece un film molto più profondo che tratta oltretutto un tema non ricorrente nel cinema americano: l'amicizia, non priva di punte maliziose, tra un uomo e una donna.

Il protagonista, Tony Manero, è un giovane italoamericano di Brooklyn, impiegato presso un negozio di vernici, i cui interessi sono incentrati esclusivamente sui vestiti, le donne e i sabati sera in discoteca. Mentre in famiglia e nel lavoro Tony appare come una persona tutto sommato semplice, senza alcun tipo di ambizione, durante le serate passate al Odissea 2001 si trasforma completamente acquisendo una grande sicurezza di sé e diventando una sorta di re per la folla del locale. Si tratta però di una finzione che inizia all'ingresso della discoteca e finisce all'alba quando, ormai distrutto, fa ritorno a casa. Tutto viene vissuto con voracità, come il mangiare o il fermare le ragazze per strada per tentare di abbordarle, ma è anche tutto fine a se stesso. Stephanie è invece l'esatto opposto: pur essendo anche lei appassionata al ballo e alle serate in discoteca, è molto più ambiziosa di Tony nel lavoro e nella vita in generale. Non si accontenta di avere un semplice aumento di stipendio ma vuole fare carriera. Non si accontenta di vivere in un quartiere tutto sommato malfamato ma vorrebbe prendere un appartamento nella lussuosa Manhattan. Stephanie, che grazie al suo ex-ragazzo è stata in grado di prendere coscienza della propria condizione e provare a migliorarla, vorrebbe provocare lo stesso cambiamento in Tony.

All'inizio il loro rapporto pare non partire con i migliori presupposti, soprattutto perché Tony si sente giudicato e messo sotto esame da una persona che, a conti fatti, non è stata comunque ancora in grado di concretizzare i suoi sogni se non per piccole, insignificanti, soddisfazioni nel lavoro. Nel tempo, però, tra i due nasce un'amicizia che, seppur inizialmente dettata dalla volontà di partecipare ad una gara di ballo al “Odissea 2001”, a poco a poco diventa sempre più intima.

Il finale del film è quanto meno sorprendente, soprattutto se si considera come Tony sia stato presentato al pubblico: dopo aver passato una nottata molto turbolenta, iniziata con un pestaggio con dei ragazzi portoricani e finita con il tentativo di stupro nei confronti di Stephanie subito dopo aver vinto, ingiustamente a detta di Tony, il primo premio alla gara di ballo, si intravede il suo primo tentativo di cambiare, di voler abbandonare quel tipo di vita che ormai non sente più sua, dove l'odio viene esercitato nei confronti di tutto e di tutti. Questo contrasto tra il Tony che capisce di dover attuare un cambiamento e quello che ricade nella brutalità di prima con il tentativo di stupro, si chiude con la decisione di trovarsi un nuovo lavoro, di cambiare quartiere, di cambiare vita ma solo con il sostegno della sua amica Stephanie.

L'edonismo, il piacere di specchiarsi, di vedersi, di apparire, oltre ad essere delle caratteristiche distintive del personaggio Tony, sono anche la chiave di svolta del cinema americano degli anni '80, che segna la definitiva conclusione del filone della New Hollywood e dei suoi protagonisti, diventati ormai delle celebrità. La scelta del vestito, degli accessori quali catene dorate e la cura maniacale della pettinatura, sono come un rituale di iniziazione alla serata dove ognuno cerca di apparire nel miglior modo possibile e catturare quindi l'attenzione delle altre persone.

Come per tutti i film fino ad oggi trattati anche questo si rivelò con un grandioso successo al botteghino e lanciò definitivamente un John Travolta che troverà poi una rinascita artistica con Pulp fiction di Tarantino dopo molte produzioni di dubbio gusto.

L'idea del film nacque da un articolo scritto da Nik Cohn per il New York Times nel quale si parlava di questi giovani che passavano tutti i sabati sera in discoteca spendendo tutto quello che avevano guadagnato durante la settimana. In realtà, anni dopo, lo stesso autore rivelerà che gran parte di quello che aveva scritto era frutto della sua fantasia.

La regia fu inizialmente affidata John G. Avildsen, fresco della direzione del pluripremiato Rocky, ma, soprattutto grazie alla caparbietà di John Travolta che aveva studiato e si era perfettamente calato nei panni del protagonista, alla fine gli fu tolta in favore dell'esordiente John Badham. Il motivo di questo cambiamento fu dettato dalla ferma volontà di Avildsen di cambiare il carattere di Tony Manero da sessista e razzista a bravo ragazzo tipo Rocky Balboa.

La decisione della produzione di schierarsi a favore di Travolta rappresentò una novità assoluta in un mondo nel quale il regista aveva sempre avuto l'ultima parola su tutto.

Innovativa fu anche l'idea di fare un film musicale ambientato in un luogo chiuso come la discoteca e non per le strade dove, secondo i vecchi canoni, tutti venivano improvvisamente coinvolti nel ballo salvo poi tornare alle loro faccende come se nulla fosse. In questo senso The Blues Brothers rappresenta invece un ottimo esempio di comunione tra le due idee.