Heart of the Sea: Recensione

Di   |   03 Dicembre 2015
Heart of the Sea: Recensione

Com'è profondo il mare

Scordatevi Achab e Moby Dick, e la loro epica sfida dai risvolti metafisici. Potete invece ricordarvi di Herman Melville, perché dai fatti narrati in Heart of the Sea, realmente accaduti, lo scrittore ha tratto ispirazione per la sua opera di più vasto respiro. Il regista Ron Howard invece ha tratto ispirazione dal romanzo Nel cuore dell'oceano – La vera storia della baleniera Essex, scritto da Nathaniel Philbrick nel 2000, in cui si racconta la reale, tragica avventura occorsa all'equipaggio della baleniera, nel 1820.


La nave era salpata da Nantucket nel Massachusetts alla volta del Pacifico, dove fare il pieno di barili di olio di balena, a quei tempi combustibile su cui si basava tutta un'economia mondiale. Dopo mesi di navigazione con scarsi risultati, gli umani si spingono molto, troppo al largo del Pacifico in direzione ovest, dove in effetti incontrano un'enorme colonia di balene (in realtà si tratta di capodogli), delle quali pensano di poter fare strage. Ma a proteggere il branco c'è un enorme esemplare albino, che sarà la loro nemesi. Decimati, ridotti allo stremo, i sopravvissuti andranno alla deriva per mesi, affrontando altre dolorose sfide, che cambieranno tutti. E questa è tutta la terza parte del film, mentre nella prima parte la storia si accentra sul primo Ufficiale (Chris Hemsworth) e sui suoi contrasti con il Capitano inesperto che gli era stato imposto, perché figlio di uno dei finanziatori della società. Tutta la storia ci viene raccontata da colui che ai tempi era stato il giovanissimo mozzo di bordo (Brendan Gleeson, da giovane affidato a Tom Holland, che sarà Spider-Man nel prossimo reboot), che accetta di narrarla a Melville (Ben Whishaw), giovane aspirante scrittore squattrinato, in cerca di ispirazione e di successo. Ron Howard si conferma un ottimo artigiano, capace di confezionare film diversi sempre impeccabili. Talvolta, a seconda del tema trattato, gli vengono bene, talvolta meglio. In questo caso siamo di fronte a un onesto prodotto commerciale, di grande impegno produttivo, quindi formalmente curatissimo, dotato di un trailer che un po' trae in inganno, accentuando il tono avventuroso del film, che invece si limita alla parte centrale. La preparazione alla spedizione, i contrasti fra Comandante e Primo Ufficiale, il lungo tormento nel naufragio e anche il finale, con le sue ambasce morali, li abbiamo visti già narrati in molti altri film e anche con maggiore incisività e quindi la ricerca dell'emozione si concentra sulle scene di caccia, degli umani nei confronti delle balene e della balena nei confronti degli umani, che però sono poche, ben girate, ma poche, nelle due ore del film. La spettacolarità non riesce a farsi epica e i sentimenti, i conflitti emotivi non riescono a comunicare pathos. In trasparenza, staccandosi da quella che è una delle molte storie di avventurosa sopravvivenza che il cinema ama narrare, di sfide estreme fra uomo e natura, fra l'uomo e se stesso, ci può essere spazio per la riflessione su quale spinta incredibile abbia sempre avuto l'umanità per progredire, su quanto tale progresso sia sempre costato in termini di vite umane, quale fosse la durezza di quelle vite. In quegli anni si stava per scoprire il petrolio, come fonte d'energia, e l'olio di balena e tutti i sacrifici per acquisirlo sarebbero stati ridimensionati. Stava per cominciare una nuova era. Visto come siamo messi oggi, pare che per le fonti di energia sia impossibile non continuare a crepare.

 

Giudizio

  • Bello da vedere
  • 7/10