Un milione di modi per morire nel West: Recensione

Di   |   15 Ottobre 2014
Un milione di modi per morire nel West: Recensione

Pochi modi per ridere

Dura la vita nell'Old Wild West, si sa, per i pacifici e i non violenti. Arizona, fine '800. Alan (Seth MacFarlane), inetto proprietario di un gregge di pecore, viene lasciato dalla più ambiziosa fidanzatina (Amanda Seyfried), che gli preferisce l'arrogante coiffeur per baffi Foy (Sean Patrick Harris). Invano Alan cerca conforto nel fedele amico, il mite ciabattino Edward (Giovanni Ribisi), fidanzatino alla Peynet di Ruth, molto professionale puttana da saloon (Sarah Silverman).


La bruta legge del più forte, l'ottuso conformismo dei concittadini, la durezza dell'ambiente, l'intransigenza dei padri, l'impunità dei delinquenti, tutto concorre ad alzare la mortalità del posto, cosicché ci sono almeno un milione di modi diversi per morire e Alan è stufo e se ne vorrebbe andare. Il West è un posto "disgustoso, sporco, pericoloso, la fossa biologica della disperazione" (in effetti anche nei western più seri si è da tempo eseguita una rilettura più filologica del genere). La svolta arriva quando Alan incontra la bellissima Anna (Charlize Theron), che si intenerisce per lui, incapace ma spiritoso e altruista, stanca di essere la moglie del letale bandito Clinch (Liam Neeson). Braccato dai banditi, catturato dagli indiani (e via col repertorio), Alan assume misteriose sostanze che in un trip lisergico gli fanno ripercorrere tuta la sua vita, schiarendogli le idee. Star generazionale per i 30/40enni un po' nerd, che amano darsi di gomito con relative strizzatine d'occhio al minimo accenno "citazionista", MacFarlane dopo Ted scrive con Alec Sulkin e Wellesley Wild (entrambi già con lui per Ted), dirige e anche interpreta, con una faccetta levigata che sembra di plastica, questa parodia del western, genere oltretutto non si sa quanto conosciuto/amato dal suo pubblico di riferimento. L'intento è chiaro, smontare/dissacrare con spirito fanciullescamente goliardico tutti i luoghi comuni dell'epica western, a partire dalle semplici inquadrature. Il suo umorismo viene definito "scomodo, irriverente". Forse lo era ai tempi dei Griffin, sua meglio riuscita creatura. Qui ci chiediamo dove stia la "scomodità", dove l'irriverenza (sempre che cacca e altri deiezioni non siano da considerare tali). Non basta però girare nello spettacolo della Monument Valley, al suono di classicheggianti overture o di musichette allegramente country e buttare lì davvero a caso qualche citazione (Christopher Lloyd e la sua auto da Ritorno al futuro e la canzoncina Tarzan Boy o un balletto stile Sette spose per sette fratelli) o piazzare la comparsata (muta) di Ryan Reynolds e, nel finale, di Jamie Foxx nei panni di Django, per fare veramente ridere. A meno, come dice il capo indiano, di "assumere droghe in gruppo". Noi, più adulti, rimpiangiamo Mel Brooks.

 

Giudizio

  • Provaci ancora, Mac
  • 5/10