Lei: Recensione

Di   |   07 Aprile 2014
Lei: Recensione

Una persona nel taschino

"She may be the mirror of my dreams, a smile reflected in a stream". Siamo sempre più connessi ma sempre più solitari, incapaci di rapportarci fisicamente con l'umanità che ci circonda, preferendo sms, facebook o whatsapp alla telefonata, all'incontro dal vivo. Incontrare fisicamente, infatti, conformarsi a un'altra persona, sembra quasi una violazione della privacy. L'umanità si aggira così in un panorama di desolata solitudine, percepita come un'importante affermazione individuale, mentre nell'inconscio dilaga il disagio di vivere.


In un futuro indeterminato ma prossimo, per niente futuristico anzi elegantemente retrò, vive il solitario Theodore (non a caso di cognome Twombly, come il pittore). Per lavoro scrive toccanti lettere per conto di altri, incapaci ormai di esprimere sentimenti, trasmettendo emozioni per le vite di altri e stati d'animo non suoi, trasfondendo nelle sue risposte tutto il sentimento che non può riversare su nessuno nella realtà. Troppe delusioni, troppi fallimenti esistenziali lo hanno fatto come rattrappire in una dimensione del tutto virtuale, solo il lavoro di giorno e videogiochi tridimensionali a riempire le serate. Va male un appuntamento al buio con una disturbata ragazza (Olivia Wilde) e Theodore si sente spesso un intruso quando cerca la sua più cara amica (Amy Adams), che sembra felicemente fidanzata. Soprattutto Theodore non riesce, proprio non riesce a scacciare il ricordo della molto amata moglie che ha chiesto divorzio (Rooney Mara). Un giorno accetta quasi distrattamente di usare un nuovissimo sistema operativo di intelligenza artificiale, che si fa chiamare Samantha. Si rivelerà una presenza preziosa e ogni giorno più necessaria. Come un Hal al femminile, ma in positivo, spiritosa, gentile, romantica e intelligente, duttile insomma (perfino capace di un sesso virtuale migliore di molti umani). Ma anche un sistema operativo, anzi soprattutto un sistema operativo d'avanguardia, è capace di accumulare informazioni ed esperienze, di elaborarle e di evolversi e come in tutte le storie umane, l'evoluzione porta i due componenti la "strana coppia" ad allontanarsi. Evitando tutte le secche delle solite sterili polemiche sul gelo dei rapporti umani in tempi tecnologici, con i soliti anatemi contro gli ingannevoli mondi virtuali, Lei (Her nell'originale) è semplicemente una toccante storia d'amore, di quello che la sensazione di essere amati può fare a una persona, di quello che un innamorato può fare per un altro, di ciò che veramente potrebbe, dovrebbe essere l'Amore. Giustamente il film ha vinto almeno l'Oscar come migliore sceneggiatura originale, che è scritta dal regista Spike Jonze, e non solo per l'originalità della storia ma anche per la delicatezza dei dialoghi, per la fine descrizione dei caratteri. Molto toccante l'evoluzione di Samantha, nel momento in cui le serpeggia il dubbio che i sentimenti che ha scoperto di essere capace di provare non siano suoi ma immessi da qualche programmatore, per renderla più consona al suo cliente. Come un vero essere umano che per meglio rapportarsi col prossimo si piega per assecondarlo, fino a capire che quella non è la sua vera natura ma solo un condizionamento. Nella versione originale la voce è quella di Scarlett Johansson, che per la sua bravura ha vinto un Golden Globe. In italiano si impegna con esito accettabile Michaela Ramazzotti. Sempre molto intenso eppure lieve Joaquin Phoenix, fragile e sensibile, ricco di un'interiorità che non riesce a esprimere, principe sconfitto in attesa di un "bacio" che lo ridesti.

 

Giudizio

  • La verità, vi prego, sull'amore
  • 8/10

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