Mutuando la struttura a capitoli già presente in Le onde del destino, Nymphomaniac comincia in un vicolo buio dove un signore di mezza età (Stellan Skarsgard) raccoglie da terra una giovane donna sanguinante (Charlotte Gainsbourg) e la ospita nel suo appartamento poco distante. Durante la convalescenza, la donna di nome Joe racconta al suo ospite la storia della sua vita da ninfomane. La Gainsbourg (già musa di Von Trier nel deludente Antichrist) incarna alla perfezione la tipica eroina del cinema del regista danese, ovvero una vittima sacrificale, schiacciata dai sensi di colpa, ma anche forte, fiera e totalmente consapevole di esserlo. Nella sua lucida autoanalisi, Joe parte dalla sua infanzia ed esplora tutti gli aspetti della sua "deviata" sessualità" ("Sono un pessimo essere umano" è la sua frase d'esordio). L'ospite, a sua volta, ascolta con attenzione le sue avventure e ne porta in luce i significati simbolici grazie all'aiuto della musica, della letteratura e perfino dei numeri di Fibonacci. Ed è proprio questo tipo di struttura multidisciplinare (supportata dal giusto impianto visivo), non priva di ficcante ironia, ad essere l'aspetto più riuscito di questo Nymphomaniac. Assolutamente geniale, solo per fare un esempio, è l'accostamento tra una sinfonia di Bach e la vita sessuale della protagonista all'età di vent'anni (la splendida esordiente Stacy Martin). Restiamo in fervida attesa del secondo capitolo.
Nymphomaniac Parte I: Recensione
Di Paolo Zelati | 05 Aprile 2014La sinfonia del sesso secondo Von Trier
Dopo lo sconvolgente e praticamente perfetto Melancholia, ovvero il Disaster Movie secondo Lars Von Trier, torna nei cinema di tutto il mondo uno dei registi più scomodi e controversi di sempre con un'opera di quattro ore che, per ragioni distributive, esce in due film separati: Nymphomaniac Parte II sarà, infatti, nelle sale il 24 aprile. Anticipato da un tam tam mediatico atto a sottolineare la natura pruriginosa e pornografica della pellicola, Nymphomaniac Parte I si è dimostrato, invece, molto meno sconvolgente e scioccante rispetto alle aspettative. Ed il motivo non sono solo i tagli (voluti dalla distribuzione) con i quali Von Trier ha eliminato quaranta minuti di primi piani espliciti e conseguenti dettagli anatomici, ma è la natura stessa dell'opera che punta più sui risvolti psicologici e grottescamente comici della vicenda piuttosto che ad un puro e semplice shock visivo. Da un punto di vista meramente grafico, infatti, un film come La vita di Adele è nettamente più esplicito rispetto a Nymphomaniac, ma ne condivide le caratteristiche autoriali.
Giudizio
- Diario di un essere umano