È la storia di un uomo che va decisamente contro corrente, un uomo che segue non il denaro ma il proprio cuore ed anche se si parla di calcio questa rimane sicuramente una splendida storia degna di nota e di essere raccontata.
C'era una volta, nel vecchio quartiere portuale di Firenze, il Pignone, un cinema animato più dallo spirito popolare di chi lo frequentava che dai volti delle star del cinema che si alternavano sul suo schermo.
Questo è Cinema Universale d'essai, documentario-omaggio nei confronti di una storica sala di Firenze dove tra battute e battutacce, vespe che scorrazzavano tra le poltrone e insulti goliardici alla povera cassiera Graziella, si vedevano anche dei film.
E la sala appartata del Caffè Fandango a Roma, con le sue luci soffuse e le sue sedie da cineforum di una volta, è il posto più adatto per parlarne col regista Federico Micali, il cui intento, con questo film, era proprio quello di "frenare la costante marginalizzazione patita dalla sala cinematografica, perchè, come dice Tornatore «ogni volta che si chiude una sala cinematografica, un occhio della città viene a spegnersi».
Non risparmia attacchi nei confronti della cultura delle multisala e la "visione in naftalina" da esse offerta. Del resto, è un regista abituato ad assumere posizioni scomode, anche politicamente: il suo documentario Genova senza risposte del 2002, infatti, era un atto di denuncia spietato di quanto accaduto nei giorni del G8 del 2001.
Si dichiara, quindi, "molto contento" che il cantiere per la costruzione di una multisala vicino Firenze si a stato sequestrato e ribadisce l'unicità delle sale di una volta "con i capannelli di discussione sul film fuori dal cinema, e con un ricordo del film stesso che si arricchiva dei commenti ascoltati in sala, un'esperienza possibile soltanto all'Universale ed impensabile per lo spettatore «normale»".




