Siamo verso la fine della Guerra di secessione: il confederato (sudista) Jonah Hex, macellaio-cecchino ma per ideale, disobbedisce al suo generale, rifiutandosi di eseguire un ordine disumano. In seguito al tradimento muore Jeb, il suo migliore amico, nonché figlio di Turnbull (John Malkovic), che si prende una spietata vendetta su Hex: lo fa crocifiggere mentre gli stermina la famigliola sotto gli occhi. Incautamente, invece che finirlo, Turnbull si limita a lasciare vivo l’uomo dopo averlo marchiato a fuoco sul volto. Conosceremo questo antefatto con immagini del fumetto che integrano le scene del film, accompagnate dalla voce fuori campo, la parte più riuscita. Curato dagli indiani, Hex torna dall’inferno con una dote, la capacità di dialogare coi morti e, orrendamente sfigurato, diventa un bounty killer. Il Governo lo assume per dare la caccia a Turnbull, divenuto ormai scomodo. Il Generale del resto sta ordendo una sua colossale vendetta, organizzando una strage a Washington durante le celebrazioni del centenario, proprio il 4 luglio. A Hex, solitario e individualista, di politica, di unione, di vendette nord-sud non importa nulla, lui pensa solo alla sua di vendetta. Ma un senso di giustizia pur sempre lo abita, da bravo eroe americano, anche se negativo.
Jonah Hex, definito esageratamente uno dei più brutti film visti nel 2010 (a contendergli il titolo ce ne sarebbero, di ben maggiore budget e pretese), è un bizzarro incrocio di generi, un western/storico/horror, una commistione che non ha giovato al film che esce direttamente per l’homevideo dopo il flop ai botteghini americani (costato 50 milioni di dollari ne ha incassati circa 10). Il cast brilla di ottimi nomi tutti sprecati, non si sa se per loro disinteresse nell’operazione o per incapacità del regista a dirigerli bene. Regista che non è un pivellino, perché Hayward è un ex animatore della Pixar, già responsabile anche del simpatico Ortone, ma forse non si è trovato a suo agio con attori in carne ed ossa. Hex è interpretato da Josh Brolin che recita con la faccia distorta da un ghigno dovuto al buco che ha nella guancia, conseguenza del marchio che ha scavato via la carne, e forse per questo è poco efficace. Peccato perché è un attore che ha dato buone prove delle sue capacità. Malkovich fa il gran cattivo con la solita classe divertita; Megan Fox è una pupa da saloon alquanto improbabile, capace nell’uso di pistola e coltello oltre che di combattimenti corpo a corpo di altro tipo. Date le sue successive scelte “artistiche” (Jennifer’s Body, Passion Play), sembra aver sbagliato tutto, da Michael Bay in poi. L’altrove ottimo Michael Fassbender interpreta un killer sudista ma di origine irlandese, un criminale super-tatuato elegantemente sadico; Aidan Quinn è a suo agio nella breve parte del Presidente; Will Arnett invece è fuori posto nel ruolo serio di un poliziotto governativo; Jeffrey Dean Morgan, che ormai si trova veramente dappertutto, compare uncredited nella parte dell’amico Jeb; Wes Bentley è un signorotto sudista traditore. Passa sullo schermo fuggevolmente un altro buon attore, Michael Shannon, come gestore di uno spazio circense, e si riconosce Lance Reddick, del cast di Fringe, inventore di armi originali.
Jonah Hex non è abbastanza visionario da risultare gradito al pubblico degli appassionati dei fumetti (e tradisce del resto il suo originale) o dei cultori degli adrenalinici Neveldine/Taylor, spiazzante per gli amanti del vero western, che lascerà delusi o irritati. Mentre incrocia invenzioni futuriste a classiche trame di vendetta, inserendo il tutto in un preciso contesto storico e di costume e aggiungendo una vaga deriva steampunk, il film a tratti ricorda Wild Wild West, altro grande insuccesso commerciale, a riprova che il western è in disgrazia, non regge modernizzazioni o contaminazioni, oltre a rischiare di finire spento da rivisitazioni troppo crepuscolari.