Argo: Recensione
Di Giuliana Molteni | 06 Novembre 2012L'immaginazione vince il potere
Spesso realtà e finzione si mescolano e l'una sembra imitare l'altra. Un film, che è pura finzione della realtà, può essere anche la finzione di se stesso, ugualmente così forte da riuscire a salvare delle reali vite umane. Questo è successo a Tehran nel 1979 a sei addetti diplomatici americani, rifugiati clandestinamente preso l'Ambasciata canadese, mentre 52 loro colleghi venivano imprigionati dai seguaci di Komeini, che li avrebbe rilasciati solo in cambio di Reza Palhavi, l'odiato Scià in precedenza al potere, fuggito negli States (eventi che probabilmente sono costati la rielezione a Jimmy Carter). Mentre l'amministrazione tenta invano di gestire il gravissimo fatto (resteranno prigionieri per 444 giorni), per mettere in atto "l'estrazione" dei sei isolati viene chiamato l'agente della CIA Mendez, che partorisce la "best bad idea" vincente: mettere in piedi l'organizzazione di un film canadese, da girare in Iran, fingendo che i sei americani siano membri della crew.
In pochissimo tempo Mendez deve mettere in piedi l'organizzazione vera del finto film, una fantascienza trash di ambientazione esotica, in grado di reggere a eventuali controlli da parte degli iraniani. A questo scopo contatta John Chambers, il noto truccatore premio Oscar alla carriera nel 1969, che lo porta dal produttore Lester Siegel, personaggio mitico anche se in decadenza, per muoversi nell'ambiente hollywoodiano. I due sono vecchie volpi dell'ambiente, nel film splendidamente resi dai due big John Goodman e Alan Arkin, con palese autoironia. Fra infinite difficoltà a causa della spietata repressione dei "guardiani della rivoluzione" e anche della mancanza di convinzione da parte dei suoi superiori, Mendez cercherà di riportare a casa se stesso e i sei americani. Alla fine del film, co-prodotto anche da George Clooney, vedremo tutte le reali facce dei partecipanti alla rischiosa e avvincente avventura, che è stata "declassificata" nel 1997 da Bill Clinton, rendendone così possibile la divulgazione. Dopo Gone Baby Gone e The Town, Ben Affleck dirige impeccabilmente, con mano ormai sicura, una sceneggiatura essenziale (tratta dal saggio The Master of Disguise dello stesso Mendez e da The Great Escape, un articolo di Joshuah Bearman pubblicato su Wired), senza inutili sentimentalismi e compiacimenti, asciutta e realistica, che trova la sua degna conclusione nell'ansiogena parte finale, in una riuscita e sobria drammatizzazione di eventi narrati con taglio documentaristico. Il tono della narrazione riesce a essere sottilmente equilibrato, pur mostrando la barbarie raggiunta in quei momenti dai seguaci dell'Ayatollah, in reazione però a quanto commesso in precedenza dallo Scià sotto l'ala protettrice degli Stati Uniti e delle compagnie petrolifere. Anche come interprete Affleck offre una prova convincente con il suo personaggio, nella solitaria responsabilità delle vite a lui affidate. Singolare davvero la carriera di questo autore/interprete, a dimostrazione che nella vita esiste la second chance. Ottimamente scelti gli altri protagonisti, molti attori noti per serie televisive, fucina di talenti da cui ormai il cinema pesca a piene mani, a cominciare da Bryan Crantson, premiatissimo protagonista di Breaking Bad. Da segnalare la bella fotografia di Rodrigo Prieto (21 grammi, Brokeback Mountain, Biutiful), che restituisce grana e tonalità degli anni '70. In trasparenza, anche con humor, si può leggere un elogio al cinema, meraviglioso veicolo di sogni, così forte da trapassare la negatività della natura umana, da riuscire a diventare veicolo di concreta libertà, anche quando sulle colline di L. A. le enormi lettere candide della mitica Hollywood cadevano a pezzi. Concediamo al film anche il velato patriottismo del finale, con l'agente stanco che fa ritorno dall'amata mogliettina, nella linda villetta con sventolare di bandiera americana, ad abbracciare il tenero figlioletto, mentre dallo scaffale della cameretta vigilano le action figure dei personaggi di Star Wars. Perché, dato che dal 1980 a oggi, cacciati gli sfruttatori stranieri dal paese, non ci sembra che per il popolo iraniano le cose siano poi andate tanto meglio, diciamocelo, la Forza siamo noi...
Giudizio
- Appassionante
Galleria immagini
http://www.moviesushi.it/cinema/item/9083-argo-recensione.html#sigProGalleriaab64e8712b