Le belve: Recensione

Di   |   24 Ottobre 2012
Le belve: Recensione

Andare con lo zoppo...
O (sta per Ophelia) vive con Ben e Chon, li ama entrambi e da entrambi è riamata. Chon e Ben sono i migliori amici, tutti e tre insieme sono famiglia: amanti, marito e moglie, fratello e sorella, padre e madre. Ma Chon e Ben sono anche due fra i più grossi produttori e distributori di erba nella zona di Laguna Beach, a nord di San Diego, non abbastanza lontana dal confine col Messico per non attirare l'avidità dei narcos, bisognosi di nuove aree, di nuovi prodotti. L'erba coltivata dai due ragazzi infatti ha una percentuale altissima di thc e al cartello interessa anche alla loro capacità di coltivatori, oltre che la rete di produzione e distribuzione, fatta di soggetti indipendenti, difficili da mettere sotto contratto.


Fanno la loro proposta di collaborazione, naturalmente non alla pari per il loro disprezzo nei confronti degli Yankees, viziati bambocci ai loro occhi, sicuri che non oseranno rifiutarla. I ragazzi sarebbero anche disposti a ritirarsi pur di non imbarcarsi in affari con i notoriamente sanguinari appartenenti al cartello ma, nella loro suprema arroganza, i narcos non accettano un no come risposta e rapiscono O, l'unica cosa che veramente conti nella vita dei due ragazzi. Questo darà inizio a una guerra impari ma ferocissima, dalla quale i sopravvissuti usciranno profondamente mutati. Il titolo originale Savages lasciava la possibilità di giocare maggiormente sull'attribuzione del termine ai protagonisti o ai narcos, tutti "selvaggi" nel loro vivere al di fuori delle regole. Oliver Stone, in questo suo ritorno-incursione in un cinema di genere che è inevitabile definire alla Tarantino (il film ricorda molto la sua prima sceneggiatura, Una vita al massimo), trasporta sullo schermo il romanzo di Don Winslow, riuscendo credibile solo mentre mette in scena le meccaniche affaristiche e i suoi personaggi più eccessivi, cioè i narcos, perché le cronache messicane quasi quotidianamente ci informano che in quelle amene località la realtà supera ogni finzione. Meno credibile è l'eccesso sentimentale-romantico dei melodrammatici legami che legano i vari protagonisti, sia sul fronte americano sia sul quello messicano. Ma che potrebbe essere alla fine la parte più coinvolgente del film. Letterariamente romantico è il rapporto che lega i tre bei protagonisti, condito di trasgressivo sesso a tre e molta droga, unici a mantenere fra loro un rapporto d'amore e lealtà che mai si incrina in mezzo a tradimenti ricatti, efferatezze di ogni tipo. I due ragazzi per i quali O è il pianeta intorno a cui ruotare, sono milionari in dollari, con una rete organizzativa di altissimo livello, un gruppetto di ex reduci dell'Iraq come sicari, un commercialista/consulente informatico che neanche l'FBI e la Polizia locale al guinzaglio. Il loro stile di vita edonistico e frivolo, sostenuto dall'illusione di poter delinquere in modo asettico e tecnologico, sarà sporcato dal sangue di torture e mutilazioni arcaiche (fruste, motoseghe) dei vicini di confine, costringendoli a scendere dal loro limbo dorato. Ma la storia ammanta di romanticismo da romanzo d'appendice anche il personaggio affidato a Salma Hayek, la Regina dell'alveare mortale, il boss al femminile, costretta a essere sempre più spietata per affermare sui sottoposti maschi il suo potere, mentre nasconde affetti muliebri. Convenzionale, ma della giusta convenzionalità che non gli impedisce di essere inquietante, il personaggio del sicario Lado, affidato a un Benicio Del Toro, che nei ruoli di delinquente laido gigioneggia a tutto spiano. Fra i protagonisti convince più degli altri Aaron Johnson, interessante giovane attore in crescita. Blake Lively è californianamente bella, come ruolo richiede, mentre per la parte dell'amico Chon, il più duro dei due, avremmo preferito un attore più macho di Taylor Kitsch. John Travolta fa con mestiere il suo poliziotto corrotto. Protagonisti giovani, belli, immorali di quell'immoralità che fa invidia e si vorrebbe emulare (vedi un altro film sui trafficanti, Blow), case da sogno, location spettacolari, narcos di quella sadica crudeltà che al cinema tanto piace (sperando di non incontrarli mai nella vita), amori appassionati, morti crudeli, tradimenti e lealtà, sesso e affetti vari, tanta carne al fuoco nei 131 minuti del film, cui avrebbe giovato una maggiore compattezza, grondante eccessi narrativi e visivi dall'inizio alla fine. Ma Stone è anche questo, colori forti e montaggio frenetico, situazioni e personaggi borderline. Dunque Le belve, a parte il poco sensato doppio finale, è un film che pur non lasciando del tutto convinti, riesce a farsi seguire con infantile trasporto.

Giudizio

  • Un imperfetto lussuoso B movie
  • 6/10

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