Marilyn: Recensione

Di   |   01 Giugno 2012
Marilyn: Recensione

La Diva e il ragazzo
Su Marilyn Monroe tutto è stato ormai raccontato, dai suoi film e dalle biografie, dagli ex mariti e dagli amanti di un giorno o di un'ora, dagli specialisti di gossip a tutti quelli che hanno fatto parte del suo entourage, lucrando abbondantemente sulla loro contiguità e conoscenza, vera o esibita come tale, di un personaggio cui la tragica morte ha dato fama eterna. Qui ci viene raccontata una parentesi poco nota, un episodio accaduto in Inghilterra nel 1956: Colin Clarke è un ragazzo di estrazione alto-borghese disposto a ogni sacrificio pur di entrare nel dorato mondo del cinema, che lavora come assistente tuttofare e sarà incaricato di occuparsi dei rapporti fra la protagonista del film, i suoi assistenti e il set. Sarebbe solo una storia di formazione, quella di un ragazzo alle prime armi nel lavoro e nella vita, se non fosse che quel set ospita Laurence Olivier, il massimo attore inglese di quegli anni, che sta girando Il principe e la ballerina, di cui è anche protagonista, e soprattutto lei, Marilyn, che aveva 30 anni e già tre matrimoni alle spalle, allora al massimo della sua luminosità, prossima a farsi inghiottire dalle sue tenebre personali.


Olivier è un attore teatrale, così come tutto il resto del cast. Alla sua caratterialità, alle sue incertezze, ai sui problemi lavorativi e personali, si aggiunge la presenza al suo fianco, come co-protagonista, di un'attrice capace di determinare il successo del film solo con la sua presenza, Marilyn Monroe. Ma l'attrice è professionalmente inaffidabile, insicura, un'istintiva contro dei super-professionisti, perennemente in ritardo quando non assente, già dipendente da psicofarmaci e alcool e circondata da alcuni vampireschi personaggi, che complicano i rapporti sul set. Colin e Marilyn sono attratti a vicenda dalla propria diversità, il ragazzo di buona famiglia lui, timido, educato, sensibile e altruista quanto sono aride e interessate le persone che si muovono intorno a lei, la Diva stratosferica, che nessuno amerà mai per ciò che è ma solo per ciò che rappresenta. L'attenta sceneggiatura di Adrian Hodges è tratta dai diari di Colin Clarke, che allora aveva 23 anni, The Prince, The Showgril and Me e My Week with Marilyn. Colin riuscirà a non farsi travolgere dalla corrente per lui troppo impetuosa di queste vite fuori dalla norma, di celebrity che hanno perso di vista la realtà e vivono un mondo artificiale, lontano ormai dalle connessioni con una vita vera che forse li salverebbe E lui si salverà, diventando uno scrittore. Lei, dopo quella minuscola parentesi di quiete, dovrà per forza riprendere la navigazione in acque così tumultuose da portarla solo sei anni dopo dove tutti sappiamo. La commedia gradevole anche se non memorabile è interpretata da un ottimo cast. Kenneth Branagh si diverte a "rifare" Laurence Olivier senza mai scivolare nella macchietta; molto delicato e plausibile è Eddie Redmayne (I pilastri della Terra) nel ruolo di Colin; la solita sublime Judi Dench interpreta la grande attrice Sybil Thorndike; Dominic Cooper e Zoë Wanamaker (Paula Strasberg) sono i due parassitari assistenti di Marilyn. Compaiono anche Emma Watson (l'innamoratina di Colin), Dougray Scott (che fa Arthur Miller), Derek Jacobi, Toby Jones. Julia Ormond rifà Vivien Leigh, a sua volta diva (Via col vento) angosciata professionalmente (e privatamente, in quanto moglie di Olivier), dalla presenza della nuova Diva. Oltre che la storia di un breve ma autentico momento d'amore, il film è un'interessante raffigurazione del "dietro le quinte" dell'ambiente cinematografico di quegli anni (che il cinefilo guarda sempre con interesse), con la curatissima messa in scena quanto a costumi e scenografia, esaltata da una bella fotografia. My Week with Marilyn, diretta da Simon Curtis, regista di formazione teatrale, responsabile poi di molti ottimi film TV, vale infatti più come ricostruzione complessiva dell'ambiente che per l'impossibile rappresentazione dell'attrice. Michelle Williams trasmette la vulnerabile fragilità (ma non la candida, quasi casuale sensualità) di questa donna particolare, per gli standard odierni neppure più davvero "bella" (oggi sarebbe giudicata "grassa"), un'attrice brava ma che avrebbe potuto migliorare, che però emanava e per sempre emanerà una luce, esteriore e interiore, unica. Una donna troppo bella dalla vita insopportabilmente dura, devastata poi dalla mancanza di autostima, che l'ha distrutta, come attrice e come donna.

Giudizio

  • Delicato
  • 7/10

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