Rec! Si gira! E si gira tanto. Rec 2, come molti sequel, lavora per accumulo e moltiplicazione. Per superare il primo film si tende a fare di più. Così in Rec 2 si moltiplicano le videocamere: in scena ce n’è una principale, ma ogni agente delle squadre speciali ne ha una personalizzata. Così il nostro sguardo non coincide più con un unico occhio (che nel primo era quello della telecamera della troupe televisiva) ma con più occhi, quelli dei vari agenti, che si intersecano con la camera principale tramite delle immagini picture in picture. Fino a che le telecamere dei poliziotti finiscono fuori uso, e l’azione viene vista tramite la camera amatoriale di tre ragazzini (omaggio alla comunicazione nell’era YouTube) che finiscono nel palazzo per caso. È il secondo “movimento” della sinfonia Rec 2. Ce ne sarà anche un terzo, con un altro occhio digitale che entra in scena. Ma è una sorpresa che non intendiamo rovinarvi.
Rec 2 è un film che moltiplica anche in un altro senso. Dopo pochi minuti, come si intuiva nel primo film, capiamo che l’infezione che trasforma le persone in una sorta di zombie non è semplicemente un virus, ma una possessione demoniaca. Così Rec 2 moltiplica anche i sottogeneri dell’horror nei quali inserirsi, contaminando lo zombie movie con le storie sovrannaturali di possessione. In sintesi: La notte dei morti viventi incontra L’esorcista (per citare i film archetipici dei due filoni) nello stile di The Blair Witch Project (che fu il primo horror in soggettiva). Un'ultima contaminazione è quella con i videogame: i poliziotti – le cui azioni scorrono in soggettiva – sparano agli zombie. E in questo senso le scene in questione sembrano una citazione dei videogame Fist Person Shooter (sparatutto in prima persona) sullo stile di Doom.
Al cinema moltiplicazione non è sinonimo di successo. Qui ci sono molte piccole idee che riescono a tenere in piedi un film interessante, ma nessuna riesce a competere con l’unica idea geniale del suo predecessore. Rec 2 è un film da vedere per chi vuole provare ancora le emozioni del primo: ma è inevitabile che verranno attutite. Perché non c’è più l’effetto sorpresa di vedersi arrivare la morte in faccia. E perché si tende più a ragionare sul film – cercando di capire come i registi cerchino di variare sul tema – invece che di viverlo “di pancia” lasciandosi andare alle emozioni. Con il mosaico visivo originato dai vari punti di vista viene a mancare quella coesione narrativa e quella unità di tempo e luogo che era uno dei punti di forza di Rec. Rec 2 è un’operazione meno riuscita della prima. Ma vale la pena di essere seguita. Forse anche al di là di questo film, visto che nel finale a sorpresa e aperto sembra esserci uno spiraglio per un Rec 3. Rec! Si ri-gira!