Ghost in the Shell : Recensione

Di   |   02 Aprile 2017
Ghost in the Shell : Recensione

 Il potere è la connessione

Sono sempre buie e piovose, e a maggioranza orientale, le megalopoli del futuro, illuminate da gigantesche pubblicità che non incombono dalle facciate dei palazzi o da dirigibili galleggianti nel cielo, ma si espandono in ologrammi giganteschi dai grattacieli, galleggiano lungo le strade insieme a un’umanità indifferente. In questo mondo che brulica di vite solitarie agisce il Maggiore (Scarlett Johansson), corpo artificiale in cui è innestato un cervello umano, esperimento d’avanguardia sposorizzata dalla Hanka Robotic, accudita amorosamente dalla Dottoressa Ouelet (Juliette Binoche).

Lavora per la Section 9, specializzata nella risoluzione di crimini legati all’informatica e alla tecnologia, che hanno ormai permeato il mondo, a fianco di Batou (Philou Asbæk), massiccio agente in parte umano in parte cyborg, e Han (Chin Han), poliziotto che rivendica la sua totale “umanità”, agli ordini del glaciale Aramaki (Takeshi Kitano). Sono chiamati a intervenire durante una strage che dei terroristi, coadiuvati da robot ginoidi, stanno compiendo su un gruppo di uomini d’affari (fra i quali si riconosce Michael Wincott, mai dimenticato co-protagonista dell’altrettanto mai dimenticato Strange Days). I terroristi sembrano essere agli ordini di un misterioso hacker (il Puppet Master, Michael Pitt), che si è infiltrato nella rete, prendendo il controllo dei cyber-cervelli. Lungo la sanguinosa indagine scopriranno l’esistenza di un complotto che porterà il Maggiore a dolorose, traumatiche scoperte. Scarlett Johanssonè una ben scelta protagonista (si dice che in origine si fosse pensato a Margot Robbie), con una discreta somiglianza con l’originale disegnato. Il ruolo non richiede particolari espressività, perché il Maggiore è un cyborg, piuttosto richiede prestazioni atletiche nelle sequenze di lotta, alcune eseguite in una specie di nudità che fa somigliare il suo corpo a un’antica bambola di pezza. Il franchise Ghost in the Shell ha avuto inizio nel 1989 con il manga disegnato da Masamune Shirow, che successivamente ha avuto ramificazioni nel mondo dei videogiochi, del cinema e delle serie tv, influenzando con la sua forza evocativa l’immaginario di quegli anni (il concetto ghost in origine era ripreso da un saggio di Arthur Koestler, che a sua volta echeggiava precedenti discussioni sul dualismo, cartesiano e non). Oltre al precedente del ’95, di cui questo film è remake in live action, c’era stato Ghost in the Shell – L’attacco dei Cyborg (in originale Ghost in the Shell – Innocence), nel 2004, entrambi diretti da Mamoru Oshii, con dissertazioni filosofeggianti, che si rifacevano a molto filosofia e letteratura, in affascinanti ambientazioni cyberpunk, che oggi rapiscono di meno. Dissertazioni che infatti interesseranno forse solo un pubblico ristretto, quello dei conoscitori del manga o gli appassionati della letteratura che ha trattato l’argomento. Tutta la cultura cyberpunk, nata approssimativamente negli anni ’80 grazie ad autori come William Gibson e Bruce Sterling, riecheggia questi temi e tutti i lettori si sentono figli di quel Philip K. Dick, grande visionario scrittore, che fin dagli anni ‘50 ha immaginato per il futuro scenari apocalittici, che in parte vediamo pian piano materializzarsi davanti ai nostri occhi: multinazionali potentissime proprietarie di progetti estremi, alleate con la malavita, lottano contro manipoli di hacker nella realtà ed in uno spazio parallelo e virtuale, il cyberspazio. Come una sorta di Grande Fratello, la Matrice nutre e avvolge tutti nella sua Rete di connessioni neurali. Le storie sono profondamente drammatiche e romantiche, barocche e complesse. Blade Runner, Johnny Mnemonic, Matrix, eXistenZ, Nirvana, Akira, Minority Report, sono solo alcuni titoli che riecheggiano o direttamente si ispirano a questi temi (senza dimenticare i film ispirati alle leggi della robotica di Asimov). Gli eterni interrogativi, chi siamo, dove andiamo e soprattutto perché, non sono cambiati da quando usavamo la clava e rimangono senza risposta anche nel 2032, quando a rispondere dovrebbe essere la suprema Intelligenza Artificiale. Il futuro per l’umanità consisterà nel ritorno a forme di vita tecnologiche ma calate in un contesto quasi primitivo (la Zion dei Wachowski, che si sono molto ispirati a questa opera per la loro trilogia) o alla sublimazione nella perfezione di una “bambola” priva delle umane limitazioni? La nuova versione live action di Ghost in the Shell tratta questi temi in modo convenzionale e, forse per allargare la fruizione a un pubblico più generalista, per farla più semplice insomma, vira al sentimentale una storia che era più freddamente cerebrale, forse per far dimenticare gli anni passati dall’originale, che hanno resto il tema un po’ frusto, anche se sempre intrigante. Nell’inevitabile viaggio verso un futuro che chissà dove ci porterà, conta più il ghost o lo shell, chi dei due influenza, limita o aiuta l’altro, nel difficile cammino degli esseri umani, quando non sanno cosa significhi esattamente essere (verbo) umani? Senza corpo l’anima non potrebbe svilupparsi e evolversi, senza anima il corpo sarebbe un guscio inerte. Ma di quale idea di “vita” stiamo parlando? Visivamente interessante, con una affascinate fusione fra le reali avveniristiche costruzioni della città di Hong Kong e la CG, e molti omaggi/citazioni all’anime originale, il film diretto da Rupert Sanders (Biancaneve e il cacciatore), su sceneggiatura del quasi esordiente Jamie Moss (Street Kings) e William Wheeler (The Cape, Ray Donovan) è comunque uno spettacolo godibile anche se non emotivamente coinvolgente, che vale la spesa del biglietto, specie se gustato in Imax 3D, per enfatizzare la component spettacolare, che può far sorvolare su altre carenze. Come omaggio all’originale, sui titoli di coda echeggia lo splendido tema musicale di Kenji Kawai, dal secondo film della saga, di cui consigliamo un recupero a chi ne fosse ancora digiuno, per capire davvero cosa davvero sia Ghost in the Shell.

Giudizio

  • accettabile
  • 6/10