Il viaggio: Recensione

Di   |   02 Aprile 2017
Il viaggio: Recensione

 L’on the road fa bene 

Chi andrà a vedere un bel film come Il viaggio? Gente adulta, che per motivi anagrafici si ricorda della guerra civile irlandese, conflitto interno devastante che ha insanguinato il Regno Unito, mai disunito come allora, dagli anni ’20 fino ai primi accordi sofferti del 1998. Eventi oggi dimenticati, come appartenessero alla storia antica.

E invece assai indicativi di come con facilità un paese possa essere portato a dilaniarsi, inducendo odi che poi difficilmente si dimenticheranno. I più giovani che ne sanno, la scuola ignora del tutto, come fa con la storia recente (recente per l’istruzione pubblica si traduce in 50/60 anni…), impedendo così la comprensione di tanti altri meccanismi. Ne potrebbero essere informati a patto di essere cinefili, perché pochi conflitti come quello sono stati trattati tanto esaurientemente su grande schermo, con una fila di film ottimi, con grandi interpreti e grandi registi. Ma di cosa si racconta nel film diretto da Nick Hamm? Si racconta un fatto vero, l’incontro decisivo fra il Reverendo Ian Paisley, leader dell’ala più intransigente dei protestanti e filo inglesi, i “lealisti” del Partito Unionista Democratico, uno che aveva definito Giovanni Paolo II “l’Anticristo”, e Martin McGuinness, capo riconosciuto nel Sinn Féin (braccio politico dell’IRA), quindi terrorista, responsabile di infiniti attentati causa di morti e lutti (scomparso prematuramente pochi giorni fa), braccio destro di Gerry Adams, uno dei primi a iniziare un processo di pace dalla fine degli anni ’80. Sappiamo come in certe condizioni chi opprima senza mai voler arrivare a un accordo con una minoranza, sia altrettanto responsabile di quelle morti, di eventi violenti per reazione, con la precisa non-volontà di raggiungere un accordo, fomentando le divisioni e punendo con durezza inusitata i rivoltosi, generando così infinite catene di lutti. Nel mese del 2007, riuniti in un hotel a St. Andrews in Scozia in vista della firma di un accordo storico, i due movimenti non sono affatto convinti di firmare l’accordo. Assai timorosi sono anche Blair e il suo entourage e così in accordo con l’MI5 viene organizzato un trasporto in auto per McGuinness e l’81enne Paisley, che deve raggiungere la moglie per festeggiare i 50 anni di matrimonio. Durante il viaggio, poco alla volta i due riusciranno a dialogare, a parlare almeno e alla fine sempre con ruvidezza e senza concessioni al sentimento, un accordo ci sarà, pur nell’incomprensione e nell’ostilità, ma con la capacità nonostante tutto di ascoltare le parole del nemico (dote rara, oggi sembra perduta, come vediamo quotidianamente anche solo nei talk, figurarsi a livelli più alti). Dai titoli di coda sapremo che poi i due sono diventati davvero amici, continuando a lavorare insieme nel primo governo di coalizione fra i repubblicani del Sinn Féin e gli unionisti del Dup (Partito democratico unionista), con il soprannome di The Chuckle Brothers (chuckle significa ridacchiare). Merito della riuscita del film è da attribuirsi, oltre che alla sceneggiatura ben scritta da Colin Bateman, ai due interpreti che sono il sempre ottimo Colm Meaney e uno spettacolare Timothy Spall, con due prestazioni degne di un palcoscenico teatrale. Il viaggio (traduzione letterale di The Journey) sarebbe da seguire in originale con i sottotitoli perché la recitazione è notevole, soprattutto quella di Spall, che rifà il particolare modo di parlare di Paisley. Toby Stephens è un perfetto Tony Blair, con suo forzato sorriso, fintamente cordiale, spinto dalla necessità di porre fine a una guerra terribile, (ci stava provando dal 1997) e dal desiderio di passare alla storia, alla fine dei suoi mandati, come quello che ce l’aveva fatta a concludere un’infinita sequela di atroci eventi. Compare anche John Hurt, morto pochi mesi fa. A Belfast ancora numerosi muri separano le due comunità, si dice 99, divenuti oggi mete turistiche. E si sa che i muri proteggono e isolano, difendono e dividono. Oggi siamo alle prese con un terrorismo cosi mostruoso che non è più comprensibile, giustificabile. Eppure, ciò nonostante, studiare le lontane cause di altri conflitti, studiare insomma la storia contemporanea, sarebbe saggio e utile. Ma l’istruzione pubblica non ci pensa, più comodo lasciare nell’ignoranza, perché nell’ignoranza è più facile manovrare, strumentalizzare.

 

Giudizio

  • istruttivo, tanto
  • 8/10

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