The Idol: Recensione

Di   |   14 Aprile 2016
The Idol: Recensione

 

Un Talent per la libertà

C’è sempre un prima e un dopo e spesso le cose nel dopo vanno così male da renderci nostalgici di un prima che pure non era esaltante. Il film L’idolo è ambientato a Gaza, territori palestinesi occupati, una striscia fra il confine di filo spianto con Israele e il mare. Nel 2006 il ragazzino Mohammed Assaf, insieme alla volitiva sorellina e ai due amici del cuore, scorrazza liberamente nella città per assecondare la passione musicale che condividono.


Mohammed ha una voce stupenda, è un raro talento naturale. Cantano nei matrimoni, la sorellina chitarrista messa in secondo piano perché è meglio non far vedere una ragazza sul palco. Intorno una società che pur fra mille difficoltà cerca di cavarsela, in una città che sopravvive in un contesto instabile, sempre suscettibile di peggioramento. La famiglia di Mohammed è civile, comprensiva, con qualche accomodamento la vita scorre senza grandi drammi. Ma una sventura privata li colpisce e per il ragazzo il discorso della musica viene messo da parte. Lo ritroviamo nel 2012 e Gaza è come sono adesso la maggior parte delle città di quell’area, cumuli di macerie ovunque, un’economia azzerata, con la costante minaccia degli integralisti da una parte, delle bombe israeliane dall’altra. Mohammed, ormai ventiduenne, ha però sempre il suo sogno, partecipare ad Arab Idol, che però si tiene al Cairo, dove a lui è proibito espatriare. Riesce fortunosamente ad arrivarci e altrettanto fortunosamente a partecipare alla gara, dove conquista tutti con la sua voce, con il suo carattere. Soprattutto con il tarab, il canto tradizionale arabo, fascinoso, evocativo. Scala il contest, diventa un idolo per le folle, simbolo di un paese che non riesce a far sentire la sua voce (una storia simile, anche se di fantasia, era stata adombrata nel film Rock the Casbah con Bill Murray). Nel film diretto da Hany Abu-Assad (Paradise Now e Omar) è molto ben raccontata la prima parte, quella in cui i bimbetti (tutti bravissimi i giovani attori) si fanno faticosamente strada fra le mille difficoltà dell’ambiente, dove pragmaticamente ancora si poteva averla vinta sui problemi pratici ma anche religiosi, politici. Nella seconda parte si seguono i tentativi di espatrio del ragazzo e lo sviluppo dell’avventura nel talent, in cui compare la bella Nadine Labaki, nota attrice e regista libanese. The Idol racconta una storia (vera) edificante ma non per questo meno valida o meno significativa, bella, toccante anche nel finale, quando vediamo la premiazione con il vero Mohammed Assaf, al quale si può solo augurare tanta buona fortuna. Cosa vuole la gente normale? Solo vivere e vivere significa seguire i propri sogni, stare insieme alla propria famiglia, alzarsi al mattino senza l’incertezza di come arrivare a sera, partecipare a una gara canora anche, anche semplicemente poter guarire dalle malattie. Una percentuale altissima di gente è così, ma stretta fra fanatici omicidi e governanti di feroce indifferenza, non ha speranza di far sentire la propria voce al di là delle facili divisioni, qui i buoni, lì cattivi. E così si continua nei secoli dei secoli. Bello, straniante, il momento in cui la regia inquadra il Team Parkour di Gaza mentre compie acrobazie sulle macerie di un quartiere, ridando senso, vita quasi, all’insana distruzione che li assedia.

 

Giudizio

  • se il futuro fosse musica
  • 7/10

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