Siamo nel dorato mondo di privilegi di Wolf of Wall Street, siamo nelle banche descritte in Too Big to Fail, siamo in mezzo ai grandi nomi della finanza mondiale, alle agenzie di rating più prestigiose, ai gestori di fondi di investimento miliardari. Siamo nella più succosa bolla speculativa del secolo. Ma in genere cosa tendono a fare le bolle? A scoppiare, prima o poi. E quel poi il Sistema lo ha disperatamente osteggiato, negato rimandato, finché quando tutto è crollato, il tonfo è stato davvero assordante. Soprattutto per chi stava in basso, come sempre, perché è rimasto schiacciato dal tracollo, mentre per chi cadeva dai piani alti si sono aperti tanti paracadute. E cambiato qualcosa? Il Governo centrale ha ripianato le perdite con i soldi pubblici, tanti dirigenti sono stati licenziati ma con sostanziose liquidazioni e oggi si compiono le stesse manovre finanziarie di allora, solo con nomi diversi. Il film diretto da Adam McKay, scritto insieme a Charles Randolph, tratto dal libro di Michael Lewis The Big Short (titolo originale), racconta una storia vera di quel periodo, che passerà alla storia quanto la Grande Depressione degli anni ’30 per i costi sociali che ha avuto, intrecciando le vicende di alcuni personaggi che, pur non connessi fra loro, avevano avuto in anticipo sentore di quanto stava per avvenire. Il primo era stato Michael Burry, un eccentrico quasi autistico gestore di un grosso fondo di investimento (Christian Bale), un vero genio dei numeri, che per primo già nel 2005 intuisce la “grande truffa” che si stava consumando. Altri poi per strade diverse e diversamente convinti, lo seguono: Mark Baum, altro investitore, uomo di incontenibile pessimismo (Steve Carrell); lo spregiudicato Jarred Vennet (Ryan Gosling), puro speculatore senza scrupoli; una coppia di giovani aspiranti alla bella vita, Jamie Shipley (Finn Wittrock) e Charlie Geller (John Magaro), che cercano un aiuto nel caratteriale Ben Rickert (Brad Pitt), speculatore pentito. Tutti intuiscono per strade diverse che il sistema dei famigerati mutui subprime sarebbe collassato e chi per proteggere i propri azionisti, chi per speculare a sua volta, acquistano ingenti quantitativi di “derivati” (swap), pacchetti azionari che scommettono sul deprezzamento dei subprime, sull’incapacità delle banche si ripianare la voragine che si sarebbe aperta quando, inesorabilmente, i cittadini avrebbero smesso di pagare i mutui, i prestiti concessi con fraudolenta disinvoltura. Scommettono quindi sul collasso del sistema. Il crollo però sarà lungamente rimandato, negando fraudolentemente l’evidenza, da banche, Sec (istituto di controllo) e agenzie di rating, che continuavano ad attribuite la tripla A a titoli che ormai non valevano più nulla. Suona famigliare? Non è che sta succedendo just here just now? Mentre i protagonisti rischiano a loro volta la bancarotta, nell’attesa che il crack si verifichi, quello che appare chiaro anche a loro è che nulla nel loro ambiente risponde alle leggi della morale e che il Sistema ha ormai distorto irrimediabilmente la società civile, dal più misero trader pronto ad ammazzare la madre pur di conseguire i simboli del successo, alla politica, che ha sempre saputo e sempre taciuto. Senza dimenticare gli investitori e i comuni cittadini, ormai del tutto diseducati ad un comportamento responsabile, fermamente decisi a vivere al di sopra delle proprie possibilità. Certo il film richiede molta attenzione e sarebbe preferibile se lo spettatore ricordasse qualcosa di quanto successo solo sette anni fa (ma oggi la memoria è corta), perché questo renderebbe più agevole seguire il procedere della narrazione, mentre poco alla volta tutto si sgretola, nell’occultamento dei primi scricchiolii. Ma non si pensi a un film tecnico e noioso, perché La grande scommessa Ben diverso dai film che si sono divertiti a mettere in scena gli eccessi dell’ambiente da Wall Street a Wolf of Wall Street, riuscendo a far ridere con amaro humor (e sulle note di un’ottima selezione di canzoni) mentre ci si indigna e ci si stupisce ancora che sia potuto succedere, soprattutto che succeda ancora (ma in fondo, non, non ci si stupisce affatto). The Big Short è un film diretto a un pubblico pensante. Dagli incassi capiremo una volta di più come siamo messi e se in fondo non abbiamo il Sistema che ci meritiamo.