Spectre: Recensione

Di   |   04 Novembre 2015
Spectre: Recensione

At the End of the Road

 

Non abbiamo mai saputo molto di James Bond, dell'implacabile, efficiente, gelido agente segreto 007. Neanche Ian Fleming si era soffermato troppo nella descrizione dell'uomo dietro il professionista, nessun rovello morale, solo un implacabile macchina per arrivare allo scopo prefissato, mettendoci dentro di suo il cinico disincanto di chi ne ha viste troppe.


Un'indispensabile durezza mitigata appena dal lutto per la morte dell'amata Vesper, dall'amicizia con Felix Leiter della CIA, con il rispetto reverente nei confronti di M e l'affettuosa tenerezza verso Moneypenny, sempre però con distacco e ironia. Le ultime rivisitazioni invece hanno puntato ad arricchire la sua personalità, a stratificare il personaggio scavando anche nel suo passato (grazie alle sceneggiature cui hanno contribuito Neal Purvis, Robert Wade, Paul Haggis, al quale da Skyfall è subentrato John Logan), in modo da rendere l'operazione più interessante, pur lasciando alcuni punti fermi, fra cui su tutti l'antagonista, cioè l'organizzazione dietro i vari super-criminali che Bond è stato chiamato ad affrontare: Le Chiffre (Mikkelsen), Dominic Green (Amalric), Silva (Bardem). Perché se quello delle spie è sempre stato un mondo di ombre, allora la Spectre è il buco nero delle ombre, dove queste si infittiscono e addensano tanto da diventare mortali. Qui deve alla fine arrivare Bond, per la sua vendetta personale, per salvare il mondo. I tempi stanno cambiando, MI5 e MI6 sono state unificate in un unico organismo e i vecchi agenti sul campo dai metodi obsoleti stanno per essere dismessi. Bond però non demorde e, con il solito spirito anarcoide da cane sciolto che lo ha sempre contraddistinto, risale la catena di comando della misteriosa organizzazione che ha una piovra come simbolo. Perché il Male supremo che è la Spectre, è la summa di tutti i Mali del mondo e lucra su ogni sofferenza, su ogni debolezza umana, su ogni sventura, così capillarmente da sembrare più che una piovra un'Idra, alla quale per ogni testa tagliata ne ricrescono due. Daniel Craig è sempre un impeccabile protagonista; Monica Bellucci compare troppo poco rispetto all'evidenza mediatica data alla sua presenza ma se la cava dignitosamente; Léa Seidoux è l'oggetto dell'amore, quello vero, ma a noi non comunica grande intensità passionale. Solita sigla iniziale sontuosa, su canzone eseguita da Sam Smith, mentre la colonna sonora è di Thomas Newman. Terzo episodio di questa trilogia con Craig e secondo film diretto da Sam Mendes, che potrebbe essere conclusivo (ma chissà), Spectre, nella nostra personale classifica, si colloca al di sotto di Skyfall e Casino Royal. Il film porta a casa il consueto mix di azione, intrighi e colpi di scena, fra città e deserti, grattacieli e montagne, donne e motori, con contorno di amori, torture, inseguimenti e scazzottate, con maggiore cupezza e minore humor di altre volte. E qualche lungaggine (dura ben 148 minuti) dovuta alla necessità di tirare tutti i numerosi fili della narrazione e dare un senso al tutto. Sono presenti tutti i personaggi "storici", un energico Ralph Fiennes (M), una Naomie Harris (Moneypenny) più distaccata del solito, il solito affidabile Q (Ben Whishaw), mentre Andrew Scott (Sherlock la serie) è il "nuovo che avanza", il rottamatore. E sappiamo che non è detto sia un bene. E naturalmente alla fine, il mitico Ernst Stavro Blofeld, del quale però Christoph Waltz fa un Grande Malvagio, perfido sì ma mai veramente inquietante. L'energumeno di turno, contro il quale andare a sbattere come contro un muro di mattoni, è il sempre godibile Dave Bautista. Se oggi il lavoro sul campo di un agente è considerato sorpassato, se la sezione doppio zero viene soppressa e se il futuro sta nel possesso delle informazioni, come se mille NSA mettessero insieme tutti i loro dati, a creare un mostruoso Grande Fratello, ci sarà sempre bisogno di Bond, James Bond, l'uomo che traduce i dati, che li interpreta grazie al contatto diretto con la realtà. E saremo disposti ad accettare che in un antiquato treno che sferraglia su una ferrovia del Nord Africa, dopo aver tirato fuori non si sa come dalla valigia uno smoking candido e un garofano rosso, dopo aver fatto a mazzate con un energumeno mostruoso, 007 si aggrovigli appassionatamente su un letto d'amore con la sua compagna del momento, mentre una rosea alba colora il cielo del deserto. Perché lui è un uomo, lui è l'eroe.

 

Giudizio

  • Già con nostalgia
  • 7/10

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