Educazione siberiana: Recensione
Di Giuliana Molteni | 28 Febbraio 2013I maestri cattivi
Storia di formazione autobiografica, il romanzo Educazione siberiana è stato scritto dal giovane Nicolai Lilin (classe 1980) per raccontare la sua vita (non si sa quanto romanzandola). A sua volta modificando per necessità spettacolari, Gabriele Salvatores dirige la trasposizione cinematografica. Il protagonista, Kolima, è cresciuto insieme al suo migliore amico Gagarin nella Transinistria, una regione dell'ex Repubblica Socialista Sovietica moldava, all'interno dell'enclave degli Urca siberiani, un gruppo di criminali mandati al confino ai tempi di Stalin, che per sopravvivere avevano ricreato un perfetto microcosmo di regole precise, assolutamente ineludibili, pena l'espulsione violenta. Il crollo del Muro e poi dell'URSS spazza via modelli e riferimenti, facendo vacillare l'adesione alle durissime regole patriarcali. Se diventare adulti contempla sempre tante difficoltà, nel caso di Kolima sarà ancora più dura.
Nell'arco di circa dieci anni, da metà anni '80 in poi, la sua strada e quella di Gagarin si divideranno più volte, così come la loro visione del mondo, per ritrovarsi in un'obbligata resa dei conti. Alternando passato remoto e prossimo al presente, per arrivare a chiudere il cerchio narrativo, la narrazione (la sceneggiatura è di Rulli & Petraglia, oltre che dello stesso regista), passa dall'atmosfera quasi fiabesca dei ricordi di un'infanzia criminale ma felice, all'adolescenza in cui serpeggiano i primi problemi nel contatto con il mondo occidentale e con l'incrinarsi di molti valori, problemi che poi deflagrano dopo i vent'anni durante la Guerra in Cecenia (nel film indicata genericamente come Caucaso). Per il protagonista, male reso da un atono esordiente, Arnas Fedaravi?ius, il distacco dalla figura paterna, dai "Criminali onesti" come si fanno chiamare gli Urca, sarà particolarmente lacerante, perché il suo "maestro" è il nonno Kuzja (affidato a John Malkovich). Le sue "regole di vita" sono moniti martellati nella mente per finire incisi nella carne lungo le linee dei tatuaggi a eterna memoria che dal branco non si esce, pena la perdita della dignità, strada senza ritorno. Si affaccia quindi l'interrogativo: è meglio un cattivo maestro di nessun maestro? È sempre necessario che nella lunga strada della maturazione ci sia un maestro? Quanto doloroso può essere liberarsi da certe nefaste influenze, ammesso che lo siano (il film non si schiera palesemente). E cosa fare se le nuove regole sono peggiori di quelle vecchie o lasciano il mondo in balia del caos? Purtroppo l'ambientazione originale (una specie di Far West di indiani dell'Est Europa) e l'interessante riflessione si stemperano nella controproducente enfasi retorica della narrazione, con insistiti slow motion e l'uso delle musiche a sottolineare il "momento significativo". Tutti i personaggi tradiscono la loro matrice letteraria, perdendo quella carica di autenticità che invece traspariva dalle pagine del romanzo. La narrazione non riesce a conferire alle azioni dei personaggi quel fascino, in negativo o in positivo, necessario per generare coinvolgimento emotivo. Le poche occasioni in questo senso sono così costruite a tavolino da irritare (la sequenza della giostra sulle note ruffiane di Absolute Beginners di Bowie, la scena con il pianoforte suonato nel fiume, il tentato "volo" di Xenja, la ragazza debole di mente amata da entrambi i protagonisti, personaggio più debole di tutti). A peggiorare la situazione anche i doppiatori, mal guidati, con una recitazione solenne ed enfatica sporcata, chissà perché, da una specie di accento russo (soprattutto i personaggi affidati a Malkovich e a Stormare). Pur non essendo del tutto sbagliato, il progetto di Salvatores, regista di respiro trans-nazionale, cui va dato atto di non essersi mai appisolato sui propri allori, è un altro di quei film i cui elementi presi singolarmente hanno un valore superiore all'insieme finale. Alchimie sbagliate, chissà.
Giudizio
- “Rules of Engagement” per la vita
Galleria immagini
http://www.moviesushi.it/cinema/item/9413-educazione-siberiana-recensione.html#sigProGalleria40ffd53838