Quell’idiota di nostro fratello: Recensione

Di   |   04 Luglio 2012
Quell’idiota di nostro fratello: Recensione

Un elogio dell'Hippie del nuovo millennio
Il "fratello idiota" è Ned, ragazzo cresciuto, convinto che il mondo sia sincero e in buona fede quanto lui. Finisce così in galera per aver venduto erba a un "amico" (che è un poliziotto palesemente in divisa). Quando esce è rovinato, la fidanzata con la quale lavorava lo scarica (gli porta via anche l'amato cagnolone Obi Wan). Senza casa e senza lavoro, è costretto a ricorrere alle sorelle, tre ragazze all'apparenza integratissime ma naturalmente infelici, come le regole di famiglia disfunzionale (cinematografica) impongono. Le tre sono Emiliy Mortimer infelice e tradita consorte dell'antipatico documentarista snob Steve Coogan, Elizabeth Banks una giornalista di Vanity Fair disposta a tutto pur di far carriera, e Zooey Deschanel bisex e troppo disinvolta sessualmente, fidanzata con Rashida Jones.


Sullo sfondo veleggia la responsabile di tanti disastri esistenziali, la mamma elegantemente alcolizzata e un po' fusa (Shirley Knight). Ned piomberà nelle loro vite come un uragano e spezzerà tutti i loro fragili equilibri, portando in superficie le magagne di vite apparentemente riuscite e bene integrate. Mentre viene rimbalzato dall'una all'altra, combinando un sacco di guai, chiaramente adorato da nipoti e cani, fra gaffes e incidenti di varia natura, non solo rimetterà a posto le cose delle tre sbattute ragazze newyorkesi, ma, indovina indovina, troverà pure l'amore. Il film contrappone l'olimpica serenità di Ned all'isterismo delle scontentissime sorelle e si impone allo spettatore di provare simpatia per lui. Nonostante le continue botte del destino, Ned si rifiuta di cambiare ed entro certi limiti ha in fondo ragione. Se quello che ci circonda non ci piace, non è detto che ci si deva per forza omologare, come hanno fatto le tre sorelle, pena scontento perenne. Ma qualche cautela si deve pur usare. Il suo candore a ogni costo, la sua goffaggine esistenziale sono così eccessive (programmate a tavolino) da risultare irritanti. Ned del resto non propone ricette di felicità da psicanalisi o da religione alternativa, semplicemente vive la sua vita in base a se stesso, ignorando olimpicamente quanto esuli dal suo pensiero. Questa ennesima edificante favoletta che ci propone il cinema americano, scritta su misura per Paul Rudd, ci vuole propinare la solita morale facile da enunciare, ben più ardua da mettere in pratica. Il protagonista, un po' Dupree un po' Drillbit, avrebbe potuto essere anche Owen Wilson. Un bel cast aiuta a sopportare la lezioncina. Il film, costata solo 5 milioni (ne ha incassati finora 25) è fatto in famiglia, scrive la sorella del regista Jesse, Eugenia Peretz, assieme al di lei marito, David Schisgall. Quanto al protagonista, Paul Rudd dai celesti occhietti, è un personaggio particolare, attore, sceneggiatore e produttore, aiutato dalla sua amicizia con Judd Apatow, che scrive e interpreta spesso le sue storie, sul quale gira una battuta: "Io penso che la religione sia come Paul Rudd: ne capisco il fascino, non lo porterei mai via a nessuno, ma è anche vero che non farei la fila per vederlo". Forse in una sera estiva con l'aria condizionata...

Giudizio

  • A tesi
  • 5/10