Qualcuno fermi Nicholas Sparks
Logan (Zac Efron) è The Lucky One (titolo originale), il fortunato, perché sul fronte iracheno è scampato a diverse azioni di guerra che sono costate la vita ai suoi commilitoni. Lui è convinto che il merito sia di una fotografia che ha trovato vicino ad un soldato defunto, che ritrae una dolce fanciulla bionda. Rimpatriato dopo tre missioni, si mette a cercarla, sui labili indizi forniti dal panorama alle sue spalle. La trova in Louisiana, a gestire un canile, insieme alla simpatica nonnetta un po' caratteriale, divorziata da un odioso sceriffo di potente famiglia, madre di un adorabile ragazzino bisognoso di decente figura paterna. Come dubitare che fra mille difficoltà e piccoli e grandi drammi un luminoso lieto fine occhieggi all'orizzonte della bella località scelta come sfondo?
Dirlo non rappresenta spoiler, perché queste sono le storie di Nicholas Sparks, dal cui ennesimo lacrimoso (ma non troppo) romanzo è tratto il film, che arriva dopo gli altrettanto lacrimevoli
Le parole che non ti ho detto (
Kevin Costner/
Robin Wright Penn),
I passi dell'amore (
Mandy Moore/
Shane West),
Le pagine della nostra vita (
Ryan Gosling/
Rachel McAdams), Come un uragano (
Richard Gere/
Diane Lane),
Dear John (
Channing Tatum/
Amanda Seyfried),
The Last Song (
Liam Hemsworth/
Miley Cyrus), tutti anche moderatamente jettatori, tutti divenuti film, come se l'autore fosse condannato al trattamento cinematografico delle sue opere (e il pubblico anche). Ci scappa sempre un morto, ma questa volta anche per il cuore più tenero e ingenuo ci sarà poco da commuoversi. Perché la narrazione procede davvero per accumulo di forzatissimi, faticosi snodi narrativi, mentre i personaggi sono costruiti per accumulo di stereotipi, inscatolati dentro meccaniche così prevedibili da suscitare ilarità invece che commozione. Puntuali, telefonatissimi gli equivoci, obbligate le scene madri (oltretutto male interpretate soprattutto da Taylor Schilling, che ci era sembrata migliore nella serie tv Mercy). Improbabile Zac Efron (e totalmente inespressivo) nel suo ruolo, che avrebbe richiesto un ragazzo di maggiore virile durezza, odioso da manuale l'ex marito Jay R. Ferguson (
Mad Men), tenero il ragazzino Riley Thomas Stewart (
The Beaver), la migliore è la nonna
Blythe Danner (la mamma di Gwineth Paltrow).
Scott Hicks (
Shine,
Ragazzi miei,
Sapori e dissapori) riprende il panorama immerso nelle solite dorate luminosità (o verdi trasparenze), con idilliaci paesaggi naturali, in contrapposizione con il buio dei drammi umani, mentre la voce fuori campo distilla qualche scontata perla di saggezza (dalla North Carolina prediletta da Sparks, l'azione è stata spostata a St Bernard Parish, vicino a New Orleans). Dopo Dear John, possiamo dire che anche il reduce di guerra è entrato a fare parte degli stereotipi del cinema più commerciale (ben diversamente è trattato nei film di maggiore spessore, come
The Messenger,
Brothers,
Home of the Brave,
Stop Loss,
Nella valle di Elah,
Grace is Gone). Ma trattandosi di un film tratto da un romanzo di Sparks, cosa aspettarsi se non un uso più che superficiale dell'argomento, funzionale ad aumentare il numero di ostacoli che i due "piccioncini" troveranno sul loro percorso verso la felicità? Dolorosamente, sia chiaro e con qualche lutto accessorio, altrimenti il film finirebbe dopo dieci minuti. Che forse sarebbe meglio.