Mia moglie per finta: Un inutile remake

Di   |   30 Marzo 2011
Mia moglie per finta: Un inutile remake

Dopo un’adolescenza da vero nerd, Patrick si fa la plastica al naso e diventa un chirurgo plastico di successo. Ma orami non si fida più del genere femminile e dice a tutte di essere già sposato. Finché un giorno, quando proprio gli pare di avere incontrato quella giusta, resta vittima della sua stessa trappola. Si inventa allora di essere in fase di divorzio e, per impersonare la coniuge uscente che la nuova fiamma vuole a tutti i costi incontrare, chiama Katherine, la sua fidatissima segretaria, una divorziata molto in gamba anche se un po’ acida, madre di due bambini. Questa acconsente di malavoglia, nella speranza di far maturare il principale bamboccione, ma, per errore, trascina nella farsa anche i suoi figli. Dopo vari contorcimenti della sceneggiatura, alla fine si ritrovano tutti in forzata vacanza alle Hawaii, per conoscersi meglio. Al gruppo si è aggregato un insopportabile cugino di Patrick e sul posto Katherine si imbatte nella sua peggior nemica, un’odiosa ex compagna di liceo con marito al seguito. Per arrivare al lieto fine, che coinvolgerà persone diverse da quanto suggerito inizialmente (non che lo spettatore non avesse già previsto tutto) ci vorranno un numero infinito di incidenti assurdi, fraintendimenti e equivoci che si vorrebbero paradossali, situazioni spiritose solo per gli sceneggiatori, a comporre una delle commedie più insulse fra quelle viste ultimamente e non che la lista sia breve.

L’ideuzza di partenza era anche discreta, pur trattandosi del mero remake di Fiore di cactus, commedia francese di successo, divenuta film nel 1969, con Walter Matthau, Ingrid Bergman e Goldie Hawn, oggetto già anche di un remake bollywoodiano. Qui però finisce schiacciata sotto una quantità di battute insipide, dialoghi prolissi e stiracchiati, gag penose per allungare il brodo già annacquato della sceneggiatura fino alla durata eccessiva di ben 116 minuti. Il cast di attori tutto sommato discreti è costretto a una recitazione forzata dai toni esagitati, immancabili sono le gag sulla cacca (come la morte e le tasse, usano dire negli USA) e qualche personaggio di contorno è francamente da sopprimere (la detestabile figlioletta, il cugino rompiballe, che per di più in italiano sbraitano con finto accento inglese una, tedesco l’altro).

Dirige Dennis Dugan, amico fraterno di Adam Sandler, che produce e si riserva il ruolo del protagonista. Sandler è un attore mai ben usato, che nelle sue corde nasconde più qualità di quanto i suoi film gli abbiano permesso di palesare, tranne poche eccezioni come Spanglish, Ubriaco d’amore, Reign Over Me, Zohan, Funny People. Jennifer Aniston sempre in stupefacente forma (e al naturale), interpreta la solita brava ragazza della porta accanto, buon senso e piedi per terra. La fidanzata ostinata ma un po’ ottusa ha la faccia ma soprattutto il fisico di Brooklyn Decker, modella di Sports Illustrated e Victoria’s Secret, nominata da Esquire “la donna più sexy vivente” e ci permettiamo di dissentire. Nel ruolo dell’insopportabile cugino si rivede senza troppa gioia Nick Swardson. Dave Matthews leader della omonima band si è lasciato coinvolgere pure lui. Il caricaturale personaggio dell’amica antipatica è affidato a una terrificante Nicole Kidman, che fa sì la cattiva, ma con la faccia che si ritrova, devastata da precoci interventi estetici, che la rendono simile piuttosto ad una cinquantenne ben conservata, sarebbe davvero pronta per fare la strega di Biancaneve.

Giudizio

  • Prolisso e insulso
  • 4/10