Il racconto dei racconti: Recensione

Di   |   14 Maggio 2015
Il racconto dei racconti: Recensione

C'era una volta...

Lo cunto de li cunti è stato scritto fra il 1575 e il 1632 dal napoletano Giambattista Basile, costituendo poi fonte di ispirazione per tanti scrittori di favole, fra cui Perrault e i Fratelli Grimm. Tre di queste storie ha scelto di trasportare sullo schermo Matteo Garrone, dopo film molto ancorati alla nostra contemporaneità, maneggiando re e principesse invece che boss mafiosi e proletari devastati, e mostri fiabeschi invece che Mostri alla Dino Risi, orridi individui della nostra realtà quotidiana.


Sono tre fiabe crudeli e sanguinose perché così erano prima della melassa Disney e del timore di traumatizzare i piccini. Una regina e due re regnano sui loro regni dalle corti sontuose ma dagli usi barbari. Salma Hayek sacrifica tutto per il desiderio di avere quel figlio che la natura le nega. Dopo aver divorato il cuore di un dragone marino, partorisce un bimbo, ma questo capita anche alla vergine che quel cuore ha cucinato. I due piccini crescono insieme, albini e identici come due gocce d'acqua, e la Regina cercherà in ogni modo di dividerli. Toby Jones si incapriccia di una piccola pulce, che tiene come animale domestico, per ingannare la sua noia, facendola crescere fino alle dimensioni di un maiale. Quando la pulce muore, la fa scuoiare e solo chi riconoscerà a quale animale fosse appartenuta la pelle, avrà in sposa la dolce figlia, che con questo escamotage spera di tenere per sempre al suo fianco. Ma a sorpresa uno spaventoso orco indovina e si porta via la tapina. Vincent Cassel è un re lussurioso e prepotente che, non pago di continue orge, si incapriccia di una figura femminile intravista da lontano solo per il suo dolce canto. Ignora che la poverina è una vecchia donna avvizzita che insieme alla sorella trascina una dura e malsana esistenza tingendo stoffe. Per non perdere l'incredibile occasione, le due poverette ricorrono a un piano che avrà tragiche ripercussioni. Un alone di magia permea tutto lo svolgimento dei racconti, che incedeno con la lentezza solenne delle narrazioni fiabesche. Matteo Garrone non ha mai negato la sua attrazione per una rappresentazione barocca anche di vicende d'attualità, con la messa in scena di gallerie di mostri per niente fiabeschi (come dice lui stesso, anche L'imbalsamatore poteva essere una favola nera, quella del nano e della ragazza dalla bocca rifatta). Con Il racconto dei racconti realizza un film come non era prevedibile, un bizzarro eppure classico fantasy-horror, che è debitore anche nei confronti del nostro vecchio cinema degli anni '70/80, con un'impronta che in alcuni momenti riesce a ricordare le opere di Méliès, con un tono che allontana del tutto il film dalle atmosfere di un convenzionale fantasy d'oltre oceano. Garrone ha voluto impiegare un cast ricco di nomi internazionali, fra gli italiani compaiono brevemente Massimo Ceccherini (in un ruolo muto) e Alba Rohrwacher (poche battute), che sono membri di una compagnia teatrale (molto Terry Gillam-style) che gira per i tre regni, costituendo un filo conduttore. Sono stupendi anche i costumi di Massimo Cantini Parrini e le scenografie, davvero splendide, sia quelle naturali (le Gole di Alcantara, il Bosco del Sasseto, le Vie Cave, il Castello di Donnafugata), sia quelle ricreate, così come sono artigianalmente costruiti i mostri di cui è punteggiata l'azione, il dragone marino, la pulce, il pipistrello gigante, quasi fossero realizzati dal nostro Rambaldi, mentre l'azione è sottolineata dalla bella colonna sono di Alexandre Desplat. Le persone cui il film è dedicato, Nico Garrone e Marco Onorato, sono il defunto padre di Garrone e il quasi patrigno, che è stato suo direttore della fotografia per anni, oggi scomparso anche lui e qui sostituito da Peter Suschitzky, abituale collaboratore di David Cronenberg. Comprensibile la scelta di girare il film in inglese (da noi sarà ovviamente doppiato), perché si tratta di un prodotto originale che potrebbe avere all'estero un meritato riscontro. Forse racconta la storia di alcune donne disposte a tutto per affermare la propria volontà, forse è una storia sulla prepotenza del potere, di re e regine che non sono disposti a rinunciare a ciò che vogliono. Ma la "morale della favola" è chiara e valida anche per i nostri tempi. Starà allo spettatore leggere quale "ossessione" gli si attaglia maggiormente.

 

 

Giudizio

  • insolito
  • 7/10