Come tutti gli altri, perché non c'è altro da fare (e perché così ha scritto Tolkien nel 1937). Ritroviamo tutti, Bilbo, Gandalf, Bard, Thorin, Sauron, gli Elfi, i Nani, Legolas, Tauriel, Kili, Thranduil e orchi, goblin e nazgul, mostruosi draghi e arieti, cinghiali, lupi, pipistrelli e aquile giganti e altre creature fiabesche e altri mostri mostruosi. E sarà per l'ultima volta. Perché qui i giochi si concludono e Bilbo può finalmente fare ritorno nella sua ridente valle, nella sua confortevole casina, che mai avrebbe pensato di abbandonare per così lungo tempo, andando incontro a tante avventure incredibili, soprattutto per una piccola creatura pacifica come lui. Ha viaggiato, ha combattuto, ha sofferto, ha conosciuto tanti personaggi, si è fatto molti amici e tanti ne ha visti morire. Ha vissuto, insomma. Ed è entrato in possesso dell'Anello ed è cambiato. Questo terzo episodio ci è sembrato il più bello, perché la lunga battaglia che contrappone tutti i contendenti in campo ha davvero un'epica eroica e l'evoluzione dei personaggi ha davvero un suo pathos, una vera intensità sentimentale. Più veloce e conciso degli altri due film, Lo Hobbit – La battaglia delle Cinque Armate mette comunque in scena una quantità di violentissimi scontri armati, di duelli all'ultimo sangue, di stragi crudeli, in una serie di attacchi e combattimenti velocissimi, violentissimi, ravvicinatissimi, che il 3D rende ancora più coinvolgenti, avvicinandoli allo spettatore (ormai ci sembrano sopite le polemiche relative ai famigerati 48 fotogrammi al secondo, così come anche i tolkeniani più affezionati dovrebbero essersi rassegnati alle libertà che Jackson si è preso nei confronti dell'originale, almeno lo speriamo per la loro tranquillità). In questo terzo e ultimo episodio ci sono meno panoramiche a volo d'aquila, meno lande sterminate e paesaggi fiabeschi, siamo quasi sempre e solo fra sassi e asperità rocciose, perché siamo più vicini al cuore dei personaggi. Non manca insomma, come lamentavamo per gli altri due episodi, l'afflato romantico/eroico dato alla precedente trilogia dai "grandi" personaggi della saga dell'Anello, per una storia finalmente capace di appassionare un pubblico adulto, in cerca di qualcosa che travalichi la pura immersione in mondi fiabeschi (o videoludici alla World of Warcraft), nei quali immergersi e perdersi come quando era bambino.