Siamo definitivamente entrati nell’era del film giocattolo. La Hasbro, la famosa marca di giocattoli, non solo cede i diritti dei propri prodotti, ma produce direttamente (qui insieme alla Paramount) i film. Un po’ come fa la Marvel con le pellicole tratte dai propri fumetti. Per quanto riguarda la Hasbro, dopo
Transformers, è ora il turno di
G.I. Joe, e poi sarà quello di
Monopoli, annunciato come una commedia sentimentale e futuribile, diretta (così pare) da
Ridley Scott. Già tra i fumetti Marvel e i giocattoli Hasbro è un bello scarto. E poi i G.I. Joe, una serie di action figures di soldati, non hanno lo stesso fascino dei Transformers. Così crearci un film attorno non è facile. I giocattoli non hanno già nel loro DNA un’anima e una storia come i personaggi dei fumetti. Si tratta di crearla, e non è mai facile.
Ci era riuscito il primo
Transformers, meno il secondo.
G.I. Joe si muove sulla falsariga di quest’ultima opera. Attorno ai giocattoli si snoda una storia elementare: un gruppo di soldati super equipaggiati e buoni lotta contro un team di combattenti super equipaggiati e cattivi per una nuova arma devastante basata sulle nanotecnologie. Nemmeno
Transformers (parliamo sempre del primo) aveva una trama originalissima. Ma aveva il pregio di portarla avanti con una sceneggiatura piena di ironia e sentimento. E di creare, tra qualche garbata citazione, un film con una propria identità, capace di far breccia nell’immaginario collettivo. In
G.I. Joe tutto questo manca: non c’è ironia, né capacità di costruire una storia interessante. È un film senza anima. Perché non riesce a darne una ai personaggi, che così rimangono bambolotti vuoti, proprio come dei giocattoli (proprio per provare a dare un’anima ai personaggi, per raccontare il loro passato, il film indugia spesso in flashback che alla lunga risultano molesti). E perché non riesce a creare un immaginario visivo proprio, andando a saccheggiare un po’ tutti i film d’azione e fantascienza noti. Dalla tuta che rende invisibili, presa da
Philip K. Dick (
A Scanner Darkly), agli ologrammi che permettono alle persone di materializzarsi a distanza (la saga di
Guerre stellari), dalla corazza di
Iron Man alle maschere del Dr. Destino ne
I fantastici 4 e Darth Vader (anche la voce è uguale). Pure la
Get It On dei
T-Rex (qui in versione aggiornata) era stata già usata per un addestramento militare in
Jarhead. Certo, gli effetti speciali sono interessanti, ma è quello che ci aspetteremmo da un film così.
Già, perché in questo film tutto è prevedibile e telefonato parecchi minuti prima che accada. È una bella sorpresa invece
Sienna Miller, dark lady che entra nell’olimpo delle eroine in tutina fetish, tra Catwoman, la Silk Spectre di
Watchmen e la Emma Peel di
The Avengers. Scopriremo che non è cattiva, ma che l’hanno disegnata così... Ma di fronte a lei non sfigura
Rachel Nichols, nei panni della “buona” Scarlett. Sono le donne a dare un po’ di spessore a un film prettamente maschile come questo. Che non riesce mai a diventare cinema, ed è destinato a rimanere gioco. Detto del Monopoli, cosa accadrebbe se decidesse di scendere in campo anche la Mattel? A quando un film “Big Jim contro Ken di Barbie”?