È ancora una volta “la sfida”, come recitava il sottotitolo italiano di
Heat, per
Michael Mann. E come quasi sempre accade nei suoi film ci sono due “duellanti” pronti a sfidarsi all’ultimo sangue.
Johnny Depp e
Christian Bale come
Al Pacino e Robert De Niro (e forse sono i Pacino e De Niro della loro generazione), come
Tom Cruise e
Jamie Foxx in
Collateral. Depp e Bale sono rispettivamente John Dillinger, rapinatore di banche a cui la fama ha procurato la carica di “nemico pubblico numero uno” e Melvin Purvis, l’agente dell’FBI che lo insegue. Siamo negli anni della Grande Depressione, gli anni Trenta. E
Nemico pubblico è un ideale prequel di tutti gli altri film di Mann, da
Manhunter a
Heat – La sfida, da
Collateral a
Miami Vice. C’è dentro il seme del crimine che arriverà fino ai giorni nostri. C’è la sfida ossessiva e assoluta tra due uomini. C’è la città grande e tentacolare che avvolge i personaggi. Il confronto tra Dillinger e Purvis inizia subito, a distanza, in montaggio alternato. E i due si incontreranno dopo molto tempo. Tra loro non ci sarà il tavolo di un ristorante come avveniva per Pacino e De Niro, ma le sbarre di una cella. Comunque una barriera, il simbolo di due esistenze vissute da due parti opposte della barricata.
Nemico pubblico è uno strano incontro tra passato e futuro. Mann ricopre la sua immagine di una patina d’antan, con una fotografia seppiata che siamo abituati ad associare a film ambientati in un’epoca lontana. Ma contemporaneamente gira in digitale ad alta definizione, una materia in cui è maestro: oggi nessuno sa usare come lui questo mezzo. L’effetto è straniante, antico e modernissimo allo stesso tempo: l’immagine è pura e nitida, definita. E non è quella sgranata a cui siamo abituati ad associare una fotografia con una patina di antico.
È un’immagine che da colorata/desaturata diventa bianco e nero e si sporca per diventare quella dei cinegiornali che raccontano al cinema le gesta di Dillinger.
Nemico pubblico ci racconta anche questo: Dillinger è uno dei primi esempi – forse il primo – di criminale mediatico. Viene citato dai media, la folla accorre copiosa per assistere al suo arresto, la polizia rilascia proclami alla radio e si fa fotografare con la sua preda. Ogni mossa viene resa pubblica. Ed è curioso che, mentre il cinegiornale mostra Dillinger, il pubblico, che si guarda in giro, non riconosca il vero Dillinger che è al cinema. Curioso, ma normale. È la distanza tra il cinema e la realtà. Tra l’icona, l’immagine che è grande e sta in alto, e l’uomo, piccolo e seduto in basso sulla sua poltrona. Vince sempre la prima. E l’immagine di un uomo famoso è destinata sempre a prevalere sull’uomo stesso.
Ma il cortocircuito mediatico più affascinante, che per un attimo fa entrare
Nemico pubblico nel metacinema, è Dillinger che vede sul grande schermo
Clark Gable, in
Manhattan Melodrama. Il look di Depp/Dillinger, cappello e baffi, è uguale a quello di Gable. Come se i due si trovassero allo specchio. Entrambi icone. Johnny Depp può essere anche Clark Gable. Anzi, forse è Gable che può essere Depp. Così bravo che non si può non parteggiare per lui. Per chi scappa. Alla sua cattura, la città è in festa e noi abbiamo la morte nel cuore.