Come un tuono: Recensione
Di Giuliana Molteni | 04 Aprile 2013
Padri e figli
È solo una recente paternità ad accomunare i due protagonisti del secondo film di Derek Cianfrance, dopo l'intenso Blue Valentine, e i loro destini si incrociano solo in un fatidico attimo che determina tutto il loro futuro, ben oltre loro stessi. Gosling è Handsome Luke, Luke il bello, uno che si esibisce con la sua moto nelle solite miserabili fiere itineranti, specialista nei giri nel "globo della morte", uno che l'innocenza non l'ha mai avuta, non se l'è mai potuta permettere. Apprende all'improvviso di essere diventato padre da una sua avventura di una notte e, nel vuoto devastante della sua solitudine, decide che finalmente quella sarà la famiglia che non sapeva di desiderare tanto. Per provvedere ai suoi affetti, si mette a rapinare banche. Cooper è Avery, un giovane ambizioso poliziotto, di buona famiglia, deciso a fare la differenza con il suo mestiere. Lui la sua famiglia sarebbe in grado di accudirla benissimo ma è preso da altre cure, soprattutto quando sarà costretto a perdere la sua "innocenza". Le cose andranno ben diversamente per entrambi, quando nell'anonima cittadina di Senechtady il destino li fa incrociare. Quindici anni più tardi a incrociarsi sono i destini dei rispettivi figli: Jason, figlio di Luke, cresciuto amorevolmente dalla madre e da un padre adottivo, ugualmente, geneticamente vulnerabile e solitario, tipico ragazzo "diseducato", ricco e viziato quello di Avery.
Il posto al di là del bosco dei pini (The Place Beyond the Pines) del titolo originale è il luogo nel quale Avery avrà le sue due agnizioni fondamentali, mentre il titolo italiano si rifà a una frase di Gioventù bruciata, "chi corre come un fulmine, si schianta come un tuono". Molto intenso come sempre e come sempre fascinoso Ryan Gosling nel suo personaggio, anche se la caratterizzazione del suo irrimediabile perdente è un poco troppo accentuata, anche nel look. Meno convincente in questa circostanza Bradley Cooper, a causa del suo personaggio non ben definito in fase di scrittura. Eva Mendes in versione proletaria e dimessa è l'amata di Luke, mentre la borghese moglie di Avery è Rose Byrne. Il balordo che aiuta Luke nelle rapine è l'ottimo Ben Mendelsohn, specialista in ruoli da strafatto (Cogan). Compaiono brevemente anche Ray Liotta e il veterano Harris Yulin, il padre di Avery. I due figli sono affidati al promettente Dane DeHaan, già ben notato in Chronicles, ed Emory Cohen adeguatamente moliccio e odioso. La storia è ambientata in quell'America di provincia, così vicina eppure così lontana dalle agognate metropoli, che sia miserabile o benestante, pervasa sempre dello stesso squallore, in un vuoto che crea inesorabile disperazione esistenziale. In questo suo secondo lavoro, Derek Cianfrance mostra l'ambizione di raccontare una storia che copre l'arco di due generazioni con allusioni anche a una terza, lungo l'arco di quindici anni. Dice infatti il regista "All'epoca stavo anche leggendo tutto quello che ha scritto Jack London. Ed ero preso dall'idea delle eredità che trasmettiamo e del richiamo che esercitano i nostri antenati su di noi". Il film è rigidamente suddiviso in tre sezioni, la prima tutta incentrata su Gosling e sul suo tentativo di ricoprire quel ruolo paterno che a lui era mancato, la seconda dedicata all'inatteso processo di "formazione" di Cooper, la terza ai due loro figli. La struttura non riesce a essere omogenea, perché muta più volte tono, spiazzando le aspettative dello spettatore (che potrebbe essere anche un bene, ma qui non è), forzando la psicologia di alcuni personaggi per adeguarli alla sua tesi. In questo suo secondo lavoro, si avverte in Cianfrance il desiderio di raccontare tanto, perdendo però troppo tempo nel farlo (il film dura 140 minuti), senza costruire con la dovuta accuratezza alcune figure, trascurandone altre. Il regista conferma comunque le sue doti di narratore interessante e molto promettente. La responsabilità dei padri è indiscutibile, incombente, inesorabile, la redenzione è ardua se non impossibile. Il filo che lega una generazione all'altra si tramuta in una catena pesantissima, così da schiacciare sotto il peso dell'ideale testimone la generazione successiva, come se tutti fossero condannati a girare in eterno dentro il globo della morte dell'inizio del film, una gabbia dalla quale è impossibile uscire.
Giudizio
- Imperfetto ma interessante
Galleria immagini
http://www.moviesushi.it/cinema/item/9519-come-un-tuono-recensione.html#sigProGalleria6e9ceddfe1