Qualcosa nell’aria: Recensione

Di   |   17 Gennaio 2013
Qualcosa nell’aria: Recensione

Prima della Rivoluzione
Come diceva Bernardo Bertolucci nel suo film Prima della Rivoluzione, citando Talleyrand, "Chi non ha vissuto negli anni prima della Rivoluzione non può capire che cosa sia la dolcezza del vivere". Nei primi anni '70 il diciassettenne Gilles studia, distribuisce giornali liberi, partecipa alle assemblee, frequenta i collettivi, protesta nelle manifestazioni di piazza scontrandosi con i poliziotti, compie alcuni gesti di "resistenza", resta coinvolto in un'azione che porta al ferimento di un vigilante. Viaggia, viene in Italia, partecipa a feste, conosce altra gente che arriva da oltre oceano con differenti realtà, si confronta, ascolta, guarda. Osserva il mondo, più che praticarlo. Dipinge, scrive. Ama anche ed è amato, anche se non sempre i sentimenti corrispondono. Soffre per amore ma dall'amore non si fa fermare, per seguire la sua strada lungo la quale certo altri amori troverà, ma senza lasciare che lo facciano deviare.


Perché è solo intuendo quale può essere la nostra strada che si può deviare, perché si sa poi dove tornare. Gli amici prendono altre vie, giuste o sbagliate non è dato sapere ("Il reale bussa alla mia porta e io non apro"). Di Gilles sappiamo che alla fine sarà quella giusta, perché a partire dalle strade della Parigi ribollente del dopo-maggio del '68 approderà su di un set di magica finzione, che indirizzerà il suo futuro. Su forte base autobiografica Olivier Assayas racconta gli anni che per lui sono stati determinanti, con una leggerezza che non fa percepire le due ore di durata del suo bel film. Racconta un percorso di formazione senza mai volersi erigere a "maestrino", senza nessun intento di ricostruzione storica, senza pesantezza pedagogica, inutili rimpianti, velleitarie esaltazioni, non un lacrimevole "come eravamo" ma la storia di come è stata la storia per Assayas. Ben differente da The Dreamers di Bertolucci, in cui invece che espandersi verso le infinite nuove possibilità a un giovane mai prima offerte, tre ragazzi si rinchiudevano ad attorcigliarsi intorno ai propri borghesi ombelichi, salvo poi passare dalla vasca da bagno a tirare molotov. Molto personale, originale e per niente commerciale la scelta delle canzoni che fanno parte integrante della storia, di autori che hanno accompagnato il regista nel suo percorso: Syd Barrett, Dr Strangely Strange, Incredible String Band, Captain Beefheart, Nick Drake, Amazing Blondel, Soft Machine. Perfetto Clément Métayer nel ruolo di Gilles che poco parla e molto osserva, con uno sguardo partecipe ma distaccato, uno sguardo attento capace di distinguere, di riflettere e trarre le adeguata conclusioni. In fondo è un ragazzo di buona famiglia borghese, colta e tollerante anche se non in sintonia con i nuovi movimenti, e senza rotture laceranti Gilles compirà comunque il suo inevitabile rifiuto dell'autorità paterna, che in modo surreale si consumerà in una polemica riguardo l'adattamento televisivo dell'Ispettore Maigret. I personaggi descritti da Assayas si muovono in un contesto privilegiato, perché quasi tutti di estrazione borghese, un assegno da qualche parte arriva sempre, e infatti il confronto con i proletari veri è sullo sfondo di molti discorsi dei contestatori di professione (che si possono permettere di fare i "creativi", senza il problema del cartellino da timbrare). E sono i momenti meno riusciti del film, a causa di alcune ricostruzioni più di maniera, si avverte il distacco del regista da quei personaggi, da quell'ambiente, soprattutto nella trasferta italiana, con i contatti con la locale classe operaia. Ugualmente il film mostra, con l'indubbia efficacia della descrizione precisa di uno che era presente, quel lievitare di speranze vere, di pulsioni velleitarie, di snobismi intellettualistici ma anche di sincere pur se talvolta fuorviati obiettivi che hanno caratterizzato quegli anni. In quel groviglio di gioventù alla ricerca di se stessa e del mondo, in continuo movimento (come in seguito mai più è stato), un magma che si espandere e ritirava lasciando mille rivoli diversi, qualcuno si è bruciato, qualcuno si è spento, qualcuno (quelli che avevano davvero qualcosa da esprimere) ha intrapreso la strada che faceva per lui, che forse senza tutto quel vagare, rimbalzare, sbagliare e riprovare non avrebbe mai trovato.

Giudizio

  • Un on the road europeo
  • 8/10