Jack Reacher – La prova decisiva: Recensione

Di   |   03 Gennaio 2013
Jack Reacher – La prova decisiva: Recensione

Il mio nome è Nessuno

Jack Reacher arriva from nowhere, svela le trame, raddrizza i torti, scagiona gli innocenti, scopre i colpevoli, castiga i malvagi, vendica le vittime. Poi, senza nemmeno fermarsi un attimo a riscuotere il suo compenso dalla riconoscente fanciulla di turno, riprende il suo cammino verso qualche altro nowhere. Manca solo un cavallo e la luce del tramonto e sarebbe un perfetto western. Dato che però stiamo parlando dell'ultimo action con Tom Cruise, sempre in ottima forma, si tratta di un thriller movimentato, venato di humor, nel solco delle storie care alla cinematografia noir, l'eroe sempre e comunque solitario contro tutti, una specie di samurai sciolto. E se per rimettere le cose a posto c'è da ammazzare qualcuno, non è il caso (non deve venire neanche in mente) di fare i pignoli.


Un cecchino formato dall'Esercito per la guerra in Medio Oriente ammazza a Pittsburgh cinque persone, innocenti passanti che si trovano per caso o per destino sulla sua linea di tiro. Le tracce conducono subito la Polizia a lui, le prove sono inoppugnabili. L'uomo, prima di finire in coma, fa in tempo a chiedere l'assistenza di Jack Reacher, personaggio avvolto in un alone di mistero, che non lascia scie elettroniche al suo passaggio. Alla speranza che l'intervento del personaggio possa risollevare le sorti del suo assistito, si aggrappa la bella Helen, battagliero avvocato difensore, figlia sempre in polemica col colpevolista padre Procuratore (Jenkins). "Ganassa" quel tanto da non poter essere preso sul serio, ma non troppo da risultare indigesto, con quello humor da noir alla Spillane/Hammett/Chandler, Jack Reacher è un film da guardare parteggiando per l'eroe solitario e lapidario, nella certezza consolatoria che i cattivi pagheranno il fio delle loro colpe e anche i prepotenti più piccoli avranno sacrosanto castigo. La violenza del giustiziere è giustificata per troncare il filo di morte dei veri cattivi, il cui capo qui è un inedito Warner Herzog, in una divertita caratterizzazione. Oltre a Herzog, due altri grandi "anziani" conferiscono maggiore nobiltà al prodotto, Richard Jenkins, un Procuratore senza indulgenze, e Robert Duvall, un armivendolo caratteriale, ex-marine semper fidelis. La "principessa" da salvare è Rosamund Pike, che dovrebbe essere femminilmente volitiva ma qui è solo troppo britannica. Da tenere d'occhio il killer Jai Courtney, australiano già visto in Spartacus, che sarà McClane Junior nel prossimo capitolo di Die Hard. Dirige Christopher McQuarrie, autore di I soliti sospetti e Le vie della violenza, scrivendo anche la sceneggiatura che è tratta dal nono dei 17 romanzi scritti da Lee Child. La riuscita cinematografica del personaggio Jack Reacher è affidata alle muscolose spalle di Tom Cruise, che aggiunge alla letale efficienza da super-eroe idealista battute alla Bruce Willis e capacità deduttive sovrumane (un po' lo Sherlock "disturbato" della serie tv con Benedict Cumbertbatch). Pesa nel giudizio dello spettatore la pregressa simpatia-antipatia nei confronti dell'attore, che ha sempre ricevuto giudizi contrastanti, per alcuni negativi anche a priori. Più obiettivamente talvolta ha centrato il personaggio, altre volte no. Qui si prende sul serio con il dovuto velo d'ironia e non ci dispiace.

Giudizio

  • Un noir macho
  • 7/10