Esiste un minimo comune denominatore della comicità, ci sono argomenti che facciano ridere ("facce ride", intimava il pubblico romano ai comici dell'avanspettacolo), universali, trasversali, multi-generazionali, al di fuori di nazionalità, sesso, età, classe sociale, educazione? Barzellette sui carabinieri, gaffes alla Clouseau, figuracce epocali, pochade a base di corna ed equivoci sessuali, dialetti, ipotizziamo perfino le semplici cadute, fanno ridere tutti sempre e dovunque? I Fratelli Vanzina sembrano pensare di sì. In Buona giornata, Carlo (regia e sceneggiatura) ed Enrico (sceneggiatura), arruolati alcuni dei più popolari attori comici sul mercato, mettono in scena il solito gruppetto di personaggi, le cui vicende ci vengono narrate con il consueto intreccio narrativo, spostandosi da un capo all'altro dell'allegro stivale, per portarli alla fine tutti insieme con le pezze in quel posto, tutti ugualmente vittime delle loro italiche doti.
Il principe snob stile Miseria e nobiltà (
Christian De Sica dalla prima battuta insopportabilmente costretto a eccedere); il burbero bonaccione che cerca di guadagnare consenso in una famiglia odiosa, che lo ha ribattezzato o'tremone (
Diego Abatantuono, sempre lui); il notaio napoletano furbetto e fedifrago (
Vincenzo Salemme pure lui sempre lui); il politico disonesto sull'orlo dell'arresto (con il fido assistente che naturalmente va a travestiti), un
Lino Banfi che gioca con le sue vocali stravolte; il costruttore romano che non paga, non ha mai pagato, mai pagherà le tasse (
Maurizio Mattioli); la meridionale che da brava parvenu si sforza di incarnare la super-manager milanese (
Teresa Mannino, che fa sempre un po' di tenerezza, relegata nel suo ruolo da bruttina): l'idiota bamboccio, tifoso sfegatato a vita (
Paolo Conticini). Intorno un paese, becero, volgare, disonesto, gretto, furbo, servile, ottuso, l'Italia da classica commedia all'italiana. Da nuclearizzare. Tutti recitano un'ottava sopra il necessario, giustificando in pieno l'espressione "sopra le righe", oltre ai succitati anche
Tosca D'Aquino sbraita perennemente, così come
Chiara Francini, fidanzata del tifoso, che strilla in continuazione (il più sobrio è Abatantuono). Tutti i personaggi, registi e attori, coinvolti nell'operazione hanno dimostrato di sapere fare di meglio. Non si capisce perché, riuniti insieme, il risultato sia così scadente. Perfino
Woody Allen, a forza di fare un film all'anno ogni tanto manca il bersaglio. Negli ultimi anni i Vanzina addirittura di film all'anno ne hanno fatti due. Qualche battuta qua e là strappa un sorriso ma per tutto il resto il film è un susseguirsi di gag scontate, di giochi di parole mille volte sentiti, di una comicità che definire "televisiva" orami non è più adeguato. Se il pubblico fosse in poltrona davanti al televisore magari riderebbe, ma dubitiamo che si alzi per andare a pagare otto euro al cinema a vedere quattro barzellette allungate di luoghi comuni. Ma chissà, non è mai detto, magari il botteghino ci smentirà e non sarebbe la prima volta, facendoci così tornare alla riflessione iniziale.