Marigold hotel: Passaggio in India, per la terza età

Di Giuliana Molteni   |   30 Marzo 2012
Marigold hotel: Passaggio in India, per la terza età

Delocalizzazione della vecchiaia: questa è la soluzione di un problema che si sta facendo sempre più pressante, visto l'allungamento della vita media. Così con stile elegante, con humor britannico, con tocco leggero e soprattutto col supporto di un gran cast di anziani attori inglesi, John Madden (Shakespeare in Love, Il debito) ci racconta la storia di un gruppetto di personaggi della terza età, qualcosa di più, qualcosa di meno, arrivati delusi verso la fine della parabola della vita. Che però del tutto finita non è. Si trovano a dover "emigrare" per motivi diversi dall'Inghilterra. La meta che li accumuna è il cadente ma affascinate Marigold Hotel a Jaipur nel Rajastan, quell'India di colonialistica memoria, dove la vita costa meno e la pensione vale di più. L'India nella cultura occidentale, soprattutto anglosassone, è stata spesso raffigurata come luogo totalmente "altro", nel quale fare i conti con i propri problemi, nel quale rinascere materialmente o spiritualmente, come abbiamo visto in numerosi film, anche al di fuori della illusoria mistica post-sessantottina, e all'interno di generi ben diversi: Passaggio in India, Il treno per Darjeeling, Holy Smoke, La città della gioia (perfino Eat, Pray, Love).

Là un giovane imprenditore improvvisato ma entusiasta (Dev Patel, protagonista di The Millionaire) sta lanciando grazie a Internet un resort per anziani in fuga da una vita grigia, solitaria, piovosa. I sette personaggi, una coppia e cinque single, che solo il caso ha saputo riunire perché si tratta di individui assai diversi, si trovano subito davanti a infiniti problemi pratici, oltre che a doversi riscrivere una quotidianità, cosa che si rivelerà alla fine salvifica. Chi ansioso di novità, desideroso di misurarsi con luoghi, tradizioni, perfino cibi diversi, altri incancreniti nelle proprie abitudini e diffidenze, tutti andranno incontro a una vita nuova, trovando la forza di effettuare quelle scelte che sempre fanno la differenza. Qualcuno riformerà l'agognata coppia, qualcuno si reinventerà, qualcuno morirà, altri semplicemente andranno avanti. Il gruppo di anziani aiuterà anche il giovane manager ingenuo, costringendolo a trovare il coraggio per rivendicare la sua autonomia dalle vecchie, pur se rispettate, usanze. Un po' troppo zuccheroso, anche se non indulge al lacrimoso e non eccede nel macchiettistico, Marigold Hotel, tratto dal romanzo di Deborah Moggach These Foolish Things, è un film per vecchi, dove l'aggettivo non ha intento offensivo, è solo oggettivamente anagrafico. Del resto si tratta di una fetta di mercato indiscutibilmente in crescita e certo per un anziano è migliore la visione di questo film che assistere a una puntata di Uomini e donne (anziani) di Maria De Filippi. La storia però non riesce a sottrarsi a molti luoghi comuni e a qualche imbarazzante gag, con un tono costantemente medio, spento anche dalla monocorde voce fuori campo di uno dei personaggi (Judi Dench), mentre cerca di vivacizzarsi con i siparietti affidati al giovane Patel, cui è affidato proprio il personaggio meno riuscito. A salvare parzialmente il film, è l'insieme del cast, formato da attori di indiscussa bravura, che sarebbe stato difficile mettere insieme negli Stati Uniti, dove trovare un'attrice anziana con la faccia priva di interventi estetici è ormai impossibile (ma anche diversi uomini stanno prendendo questa pessima abitudine). Splendide le location, sia il vecchio hotel (che è il Ravla Khempur, un ex palazzo reale trasformato in albergo, nelle vicinanze del distretto dei laghi di Udaipur) sia il panorama urbano della città, ripresa cercando di evitare i cliché da turista, evidenziando le molte contraddizioni ancora presenti in una società che ha subito una grandissima evoluzione, senza riuscire a lasciare indietro quanto di negativo c'è nelle vecchie tradizioni. Piacevole anche la colonna sonora, che fonde le musiche di Thomas Newman alle sonorità indiane. Il film ci lascia comunque con una bella massima, variante dell'inglese "It Ain't Over 'til It's Over", che vale anche per i più giovani: "alla fine si sistemerà tutto. E se non è andata così, vuol dire che non è ancora finita".

Giudizio

  • Geriatrico
  • 6/10