La storia segue le peripezie di una giovane coppia che, per sfuggire allo stress del lavoro e per ricucire un rapporto sentimentale decisamente logoro, decide di passare un weekend in mezzo alla natura “inesplorata” di una remota spiaggia australiana. Peter (James Caviezel), munito di birra, barbecue e fucili di diversa natura sembra godersi l’esperienza, Carla (Claudia Karvan) invece si dimostra da subito insofferente alla “vita da campeggio”. Progressivamente, le cose andranno peggiorando. Diretto nel 1978 da Colin Eggleston, Long Weekend si inserisce perfettamente in quel sottofilone del Catastrofico nel quale la natura (maltrattata) si prende la sua rivincita nei confronti del genere umano. Come in Frogs (1972, di George McCowan), i protagonisti di Long Weekend si trovano a dover affrontare le insidie di uno splendido paesaggio naturale che, all’improvviso, diventa opprimente e minaccioso. Piante, onde, animali (strepitosa la figura “simbolica” del leone marino che perseguita la coppia con la sua presenza) sono, ormai, pericoli mortali. Blanks, nella sua rilettura, è bravo a costruire una claustrofobica atmosfera stile Ai Confini della realtà, accumulando, quasi casualmente e con un tocco di sano humour nero, i gesti di spregio verso la natura commessi dai due protagonisti (vedi la scena in cui Carla distrugge l’uovo dell’aquila e Peter la sgrida in modo ingenuamente ipocrita). Alla lunga, il gioco narrativo funziona e il parallelismo tra il progressivo deteriorasi del rapporto di coppia e il lento “risveglio” degli elementi porta ad un climax in cui la tensione è palpabile.
Jim Caviezel e Claudia Karvan sono bene in parte (il film si appoggia praticamente su di loro) e non fanno rimpiangere John Hargreaves e Briony Behets, i protagonisti del film originale. Senza grandi pretese o vezzi autoriali, Jamie Blanks confeziona un film di puro intrattenimento, mescolando con sapienza commedia grottesca, dramma, thriller e horror (alcune sequenze sono piuttosto grafiche!) e regalandoci, anche, qualche sorpresa inaspettata. Niente male.