Sarà perché non vuole più una famiglia per non provare nuovamente il dolore di perderla, sarà semplicemente perché è in fondo un bullo più bullo dei cattivi che combatte, ma non vuole dare al Joker neanche la soddisfazione di dirgli che lo odia, perché nemmeno quel sentimento negativo si consente (ma un eroe ha bisogno di uno speculare nemico da combattere). Alfred è in ansia per la sua involuzione; la città preoccupata nomina un nuovo capo della Polizia, una fascinosa rossa, figlia del mitico Gordon; un tenero orfano bisognoso di modelli lo tampina per essere adottato; Superman è del tutto disinteressato, chiuso nella sua Fortezza; Joker organizza un trappolone, per distruggere Gotham e dare una lezione al suo avversario. Come uscirà da questa impasse l’ostinato Batman? Solo rassegnandosi ad un lavoro di squadra, perché come dicevamo all’inizio, solo uniti si può vincere. E poi ci si diverte anche di più. Se nel film precedente il messaggio era quello della libertà di assemblaggio, della “creatività al potere”, dell’indipendenza rispetto allo standard imposto dall’alto, Lego Batman fa passare il nuovo messaggio, che pure è portante, quasi in seconda linea, rispetto al turbine di gag e personaggi che metterà in scena a ritmo frenetico. Spassoso, pieno di ironia, citazioni, rimandi a un immaginario così vasto da risultare decisamente più apprezzabile da un pubblico più maturo (anche se i piccini si divertiranno pure loro, ma molto di meno), Lego Batman si concede anche un gustoso accenno alla omogenitorialità, perché Robin, ignaro della doppia identità di Batman, pensa felice di avere due padri, lui e Bruce Wayne. Ma è inutile spoilerare le tante gag, fin dai titoli di testa, e l’uso di una quantità incredibile di “cattivi” (tenere occhi e orecchie spalancate per non perdersene nessuno), non solo di Casa Warner. Tecnicamente il film è di assoluta perfezione, grazie all’accuratezza con cui si rispetta la costituzione “a mattoncini” di personaggi, oggetti e scenari, anche fumo e ed acqua, che sembrano davvero mossi in una stop motion con la perfezione della CG. Batman in mattoncini è davvero da vedere, per passare un centinaio di minuti di disimpegnato divertimento, accompagnati da una raccolta di canzoni sublime (mentre meno riuscito è il pezzo inedito sul finale). Apprezzabile il doppiaggio di un auto-ironico Claudio Santamaria, che si diverte a incupire il suo già cupo personaggio, discutibile, e in fondo incomprensibile, la scelta di Geppi Cucciari che porta la sua cadenza sarda, anche se attenuata, nella energica Barbara/Batgirl, che in originale era Rosario Dawson. Ma sono dettagli, il risultato complessivo è più che positivo.