La trama ormai è nota. Il clima della terra sta mutando in peggio, sopravvivono ormai solo le coltivazioni di granoturco, che però non reggeranno le sempre più frequenti tempeste di sabbia che si abbattono su un'umanità sempre più sofferente. Cooper è un ex pilota riconvertitisi in agricoltore, rimasto vedovo con due figlioletti, di cui una è l'amatissima Murph. Viene scelto e convinto dalla NASA a guidare una missione spaziale che, sfruttando un wormhole, porterà l'equipaggio in un'altra galassia, dove c'è la possibilità di trovare dei pianeti sostituivi per l'umanità, su cui iniziare una nuova vita. Un padre deve così scegliere di abbandonare i propri figli per cercare quella che potrebbe essere la loro salvezza, perché se restasse li condannerebbe a morte sicura. Il viaggio però dura tempi diversi per gli astronauti e per i terrestri, e mentre i viaggiatori vanno incontro alle loro avventure in una specie di limbo temporale, la situazione sul nostro pianeta peggiora lungo i decenni, chi muore, chi si ammala, i figli crescono e diventano adulti, nell'attesa vana di quel padre che ha promesso di tornare (e "un padre mantiene sempre quello che promette"). Interstellar, film ambiziosissimo, dividerà il pubblico ancora più di Inception, perché più complesso nelle sue spiegazioni scientifiche, tutte impeccabili, a detta di chi di fisica ne sa, scritto dallo stesso regista insieme al fratello Jonathan, e basato in parte sugli studi del fisico teorico statunitense Kip Thorne, con l'intento di far passare a un pubblico generalista le complesse teorie sulla relatività, sui buchi neri e gli intrecci spazio temporali. Nolan decide di raccontare un soggetto già visitato da molto letteratura e cinema di genere, con un taglio scientifico/umanista. Meglio sarebbe stato sfrondare la lunga parte centrale (il film dura in tutto ben 169 minuti) dai tutto sommato superflui dettagli tecnici (le famigerate "spieghe"), che poco importano per lo sviluppo della vicenda, in nome di una rigorosità scientifica fermamente perseguita, da cui nel finale però la sceneggiatura si stacca per lasciarsi sovrastare dal fattore più emotivo. Nolan sembra volersi assicurarsi di non prestare il fianco alla critica più pignola (i famosi fanatici dei solenoidi), dimenticando che la Grande Fantascienza del passato (usiamo apposta le maiuscole) se ne infischiava delle spiegazioni. Poneva i suoi soggetti in una galassia lontana lontana o dentro qualche angosciante buco nero, lasciando lo spettatore a misurarsi con la capacità di coinvolgimento della storia, con i richiami al suo subconscio, con le metafore intriganti, con la suggestione insomma che l'avventura era capace di comunicare. In quest'ottica gli inevitabili paragoni con 2001Odissea nello spazio, film richiamato in effetti da molti particolari di Interstellar, appaiono del tutto impropri, perché 2001 è il film che più di tutti non si è posto il problema di spiegare un bel niente, diventando anche per questo uno degli oggetti non identificati più affascinanti della storia del cinema. Altri appunti poi si potrebbero fare, ma costituirebbero spoiler, per cui sospendiamo la discussione. Si potrebbe allora parlare dell'indispensabile la colonna sonora di Hans Zimmer, del cast alle prese con lunghi dialoghi dimenticabili (meglio Matthew McConaughey di Anne Hathaway, gli altri sono personaggi delineati più convenzionalmente, tranne Murph bambina, affidata a un toccante Mackenzie Foy, mentre da grande è Jessica Chastain) e dell'aspetto tecnico (il film è stato girato in pellicola a 35 mm e IMAX 70 mm e necessita di una visione su schermi adeguati, per godersi le colossali e ammalianti scenografia, che sono ormai la firma di questo autore). O anche dell'uso ripetuto dei bellisimi versi di Dylan Thomas: (e tu, padre...) "non andartene docile in quella buona notte, infuriati, infuriati contro il morire della luce", poeta già citato in un altro bel film di fantascienza, il Solaris di Soderbergh, con E la morte non avrà più dominio. Nolan però in un'intervista ha detto di "voler coinvolgere il pubblico emotivamente più che intellettivamente" e così si esce dalla sala sotto l'emozione di un finale fascinoso e sentimentale, che farà felice la parte di pubblico che avesse ascoltato tutte le spiegazioni precedenti, senza ben capire (e sarà la maggioranza, fra cui ahinoi ci iscriviamo, noi "critiche di Voghera") ma semplicemente "prendendo atto". Scontentando però così i "puristi" che non gradiranno quest'ultima svolta. Ma "l'amore è l'unica cosa che trascende dal tempo e dallo spazio" e la frase chiave è forse questa: "Una volta che si diventa genitori, non si è altro che il fantasma del futuro dei propri figli". Alla lettera. Alla fine è proprio l'intensità emotiva della storia a sovrastare la comprensione del singolo dettaglio, così come era stato per Memento e Inception ed anche per un altro film, diverso, più criptico e anche meno traducibile, Donnie Darko, altro film che non a caso parlava di wormhole. Ci sta stretta la nostra limitatezza umana, la nostra capacità di misurare solo a nostra misura l'infinito, l'angustia della nostra unica dimensione, l'impossibilità di passare in altri universi. E così sogniamo e non vorremmo che il nostro sogno fosse tanto dettagliatamente spiegato, perché perderebbe tutta la sua poesia.