Gravity: Recensione

Di   |   03 Ottobre 2013
Gravity: Recensione

Bisogna lasciar andare
Nell'infinto vuoto, nel totale silenzio dello spazio, a 600.000 chilometri dalla Terra, tre astronauti lavorano intorno a una stazione spaziale. Sono il veterano Matt Kowalsky alla sua ultima missione, un simpatico chiacchierone pieno di vita, la Dottoressa Ryan Stone, una ricercatrice colpita da un recente lutto, e un aiutante.


A velocità imprevedibile vengono colpiti da un nugolo di rottami provocati da una lontana collisione fra satelliti, che crivella, disintegra, nebulizza tutto ciò che incontra. Ryan si trova scaraventata nello spazio e viene soccorsa da Matt. Ma l'angosciosa avventura è appena iniziata. Non si può e non si deve raccontare di più del film, 90 minuti di azione in tempo reale, perché Gravity riesce a mettere in tensione più di un thriller, nell'incertezza sul destino dei suoi protagonisti, nel susseguirsi concitato degli eventi. I minuscoli, fragili esseri umani sono persi nell'immensità dello spazio, pronti a sfracellarsi contro la durezza delle navicelle, a soffocare per mancanza di ossigeno, a esplodere come fuochi d'artificio, a carbonizzarsi nell'attrito con l'atmosfera, sbattuti come fuscelli, in balia della forza degli elementi, roteando senza controllo, tutto nel più glaciale silenzio esterno e in totale solitudine. E anche lo spettatore viene ingoiato, proiettato nello spazio, sballottato e avvitato, con un'esperienza quasi fisica, oltre che emotiva. Al di là di una lieve sottotrama sentimentale e di uno risaputo messaggio esistenzial/filosofico, senza andare a cercare faticosamente chissà quali metafore, Gravity si rivela uno dei più spettacolari disaster movie mai realizzati, da vedere assolutamente in Imax e 3D per immergersi completamente nell'emozionante scena ricreata da Alfonso Cuarón (e in occasione di film come questi andrebbe risollevato il discorso dello stato di arretratezza tecnologica in cui versa la maggior parte della sale italiane). Grande cura è stata impiegata anche nella realizzazione del suono o della sua mancanza, oltre che della bella colonna sonora del giovane Steven Price. Una menzione per Tim Webber (Il Cavaliere oscuro, Avatar, I figli degli uomini), supervisore agli effetti speciali, strepitosi (sui titoli di coda l'elenco degli addetti ai "visual effects" è infinito). Sandra Bullock riesce a essere espressiva nonostante il suo bel viso sembri ormai di porcellana. Umano e generoso il personaggio affidato a George Clooney. Alternando l'agorafobia comunicata dall'enorme vuoto alla claustrofobia della tuta spaziale e delle capsule di salvataggio, con lo splendore dell'azzurro pianeta sullo sfondo e la bellezza struggente delle albe o dei tramonti nello spazio, Gravity è sostanzialmente un film sull'invincibile istinto di sopravvivenza dell'essere umano, sulla sua capacità di rimettersi in piedi e riprendere il suo cammino, dal fango alle stelle.

Giudizio

  • Mai lasciar andare
  • 8/10

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